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Sotto il barbaro dominio fascista (1925)
Il procedimento contro De Bono e quello per
l'assassinio di Giacomo Matteotti
Sono ormai tre mesi che i giornali fascisti o le agenzie che
servono il governo fanno circolare, ogni tanto, la voce
dell'imminente chiusura del procedimento iniziato all'Alta Corte
contro il gen. De Bono, il quale sarebbe prosciolto da ogni
accusa. Negli ambienti del Senato si smentisce che la commissione
di istruttoria abbia gi� preso le sue conclusioni e lo stesso
gen. Zupelli, presidente della commissione, ha avuto occasione di
dichiarare destituite di ogni fondamento le indiscrezioni dei
giornali. Certo il materiale d'accusa, accumulato dal denunciante
dott. Donati e dai testimoni, contro il gen. De Bono � imponente
e se la giustizia fosse esercitata all'infuori delle passioni e
delle preoccupazioni politiche basterebbe per dieci incriminazioni
non per una sola. Nessuno vuole mettere in dubbio il galantomismo
personale dei membri della commissione di istruttoria, ma � vano
sperare che essi nel pronunziare il loro giudizio, sappiano non
farsi influenzare dalla considerazione della situazione politica
che verrebbe a determinarsi se il gen. De Bono dovesse essere
incriminato. Infatti il processo contro il gen. De Bono all'Alta
Corte diventerebbe, inevitabilmente, il processo contro il governo
e sopra tutto il suo capo.
Ora il problema che rende scettici sulle conclusioni dell'Alta
Corte � questo: " � possibile che il Senato, il quale non
ha il coraggio e forse non l'avr� mai... prima che la situazione
politica sia cambiata, di votare contro il governo abbia
addirittura l'eroismo di chiamare lo stesso governo a scolparsi
innanzi all'Alta Corte?". Sarebbe azzardato credere a questa
possibilit�, e perci� non vi dovranno essere n� delusioni n�
scoramenti se la sentenza dell'Alta Corte non dovesse essere
quella auspicata dal senso di giustizia degli italiani. Quanto al
processo contro gli esecutori materiali dell'assassinio di Giacomo
Matteotti la sua effettuazione � probabilmente in rapporto
all'atteggiamento di Cesare Rossi e di Filippelli, ma pi� del
primo. Se l'ex-immediato collaboratore di Mussolini dovesse
mantenere fino al dibattito pubblico la sua posizione di
accusatore � evidente che il processo non potrebbe farsi; ed
allora la liquidazione giudiziaria del delitto del 10 giugno 1924
dovrebbe tentarsi per nuove vie, magari per quelle
dell'amnistia.
Profanazione
Frattanto mentre si va perdendo ogni fiducia nell'azione della
giustizia contro i martorizzatori di Matteotti si apprende uno
sconcio episodio di profanazione della sua memoria, avvenuto alla
Quartanella. E' noto che nell'angolo di bosco nel quale furono
rinvenuti i miseri resti del Martire, la piet� dei compagni suoi
aveva elevato a ricordo una Croce rustica, ai piedi della quale la
Vedova si recava spesso a pregare e a deporre fiori. Nel giorno di
venerd� santo Ellal aveva anche ornato il luogo sacro al suo
ricordo con due ricchi vasi di fiori e con alcuni grossi ceri.
Per� domenica u.s. un gruppo di militi della Legione dell'Urbe,
montati su un camioncino, si recava alla Quartanella ed ivi
sparava alcuni colpi di rivoltella contro la croce e la fotografia
dell'Estinto. Il simulacro fu abbattuto e spezzato, i vasi
infranti, i ceri e la fotografia asportati. Due carbonai, che
furono testimoni dello scempio, vennero percossi con invito a non
ricordarsi di quello che avevano visto. Quanto ai carabinieri,
arrivarono naturalmente a cose finite. Il Governo, preoccupato
dall'impressione che la notizia dell'orrenda profanazione avrebbe
fatto, fece sequestrare i giornali che l'avevano riferita; e
quando la Signora Velia Matteotti, informata dell'accaduto, si
rec� alla Quartanella trov� che la croce rustica distrutta dai
militi fascisti era gi� stata sostituita. Anche una sdegnosa
protesta del Comitato centrale delle Opposizioni non pot� trovare
eco sui giornali. La notizia per� deve ugualmente circolare per
il paese perch� nulla meglio della profanazione della Quartanella
potrebbe dimostrare il vero animo dei nostri avversari
L'atteggiamento di Finzi
Molti sono rimasti sorpresi per il contenuto del discorso
pronunziato dall'ex-sottosegretario agli interni Aldo Finzi a
Badia Polesine il giorno commemorativo del Natale di Roma. Egli
ebbe a dire che Mussolini ha s� delle colpe, ma che bisogna
perdonargliele perch� sono state commesse a causa del grande
amore per l'Italia. Che cosa significhi questo atteggiamento di
Finzi � chiaro. Egli, dopo le tremende accuse fatte contro il suo
duce nel giugno dello scorso anno, si mantenne sempre in una
posizione di ambiguit�, asseriva che avrebbe attaccato,
pubblicamente ed a fondo, quando fosse stato sicuro che i suoi
colpi avrebbero demolito il bersaglio. In realt� la sua figura
poteva paragonarsi a quella di uno schermitore il quale ogni tanto
riuscisse a minacciare con la punta della spada il ventre di un
avversario, ben deciso per� a non colpirlo. Infatti Aldo Finzi,
il suo avversario, voleva soltanto intimorirlo, per quali fini
suoi noi non sapremmo precisare. Non � per� dubbio che se la
situazione di Mussolini gli fosse apparsa pericolante, Finzi
allora avrebbe fatto del suo meglio per rovinarla del tutto; e con
ci� egli avrebbe sperato di conquistarsi l'indulgenza dei
successori. Ma siccome Mussolini dispone ancora di tutto il
comando, Finzi disarma. Pare che gi� all'Alta Corte egli avesse
introdotto due testimoni per dare notizia del "vero"
testo della sua famosa lettera-testamento al fratello Gino. Il
"vero" testo riferito dal Gen. Piccio, dall'On. Grandi,
e dal Sen. Morello sarebbe quello di una seconda e molto attenuata
versione della lettera-testamento, versione scritta quando gli
manc� il coraggio di sostenere le accuse contenute nella
prima.
Le accoglienze al Re a Milano... e quelle di Firenze
Freddo metereologico e freddo morale per la visita del Re a
Milano. "Le silence des peuples c'est la le�on des rois".
Tanto pi� significativa la freddezza di quest'anno se la si
confronti con il calore dello scorso anno. I fascisti ne fanno
risalire la colpa alla pioggia la quale ha certo influito a
diradare il pubblico, ma non basta da sola a spiegare la enorme
differenza tra le accoglienze dell'anno scorso e quelle di
quest'anno. Poca gente per le strade, applausi tutt'altro che
frenetici, indifferenza generale e fastidio per le frequenti
interruzioni della circolazione. Gli ordini dati ai fascisti
furono di recarsi in massa al passaggio del Re ad applaudire,
spostandosi da un punto all'altro nella previsione (rispondente
infatti alla realt�) che il pubblico non sarebbe stato n� troppo
numeroso n� eccessivamente entusiasta: in borghese e senza
distintivo, per dare l'impressione di un entusiasmo non
preconcetto e non partigiano; e sovra tutto senza raccogliere le
eventuali e temute grida... aventiniane, evitando assolutamente
incidenti e cercando, piuttosto, di soffocare tali grida con grida
pi� forti di "Viva il Re". Ecco perch� le paventate
grida aventiniane vi furono ma non ebbero tuttavia la risonanza
che si attendeva. Si grid� "Viva la libert�" in pi�
punti, e soprattutto in Largo Margherita e in via Monte Napoleone,
ma le grida non furono contraddette che da altre grida pi� forti
senza ulteriori conseguenze. In via Monte Napoleone per� le grida
dovettero giungere anche alle orecchie del Re stesso, il quale
guard� sorpreso verso chi gridava e salut� militarmente.
Addirittura spettacolo imponente e senza precedenti lo spiegamento
della forza pubblica e rigorosissime le precauzioni poliziesche.
Alla Fiera i pochissimi biglietti di invito furono distribuiti
sotto la personale responsabilit� del ministro Nava. Alla Scala i
biglietti di ingresso alle Gallerie (per tema di lancio di
manifestini) dovevano avere il visto della Questura. Manifestini
di rivendicazione della libert� ed inneggianti allo Statuto
furono tuttavia distribuiti largamente, nonostante il tempo
orribile, in molti rioni. Soprattutto importante, sebbene non
completa per la necessit� di mantenere ad ogni costo il segreto
fino all'ultimo momento, e di tralasciare quindi ogni aperta
preparazione preventiva, riusc� la manifestazione operaia. In
molti stabilimenti, specie in quelli metallurgici e meccanici, gli
operai sospesero sabato mattina 25 u.s. il lavoro per un quarto
d'ora "in segno di protesta e di monito al Capo dello
Stato". Vi furono dappertutto rimbrotti, multe e trattenute
sui salari come rappresaglia da parte degli industriali. La ditta
Marelli fece di pi�: proclam� la serrata sino a mercoled� 29 e
licenzi� una trentina di operai tra i pi� "sospetti"
dopo aver eseguito l'immediato sgombero dello stabilimento con
l'intervento dei fascisti, che bastonarono anche parecchi operai.
Sette di questi furono pure arrestati e rilasciati solo marted�
per l'intervento di avvocati delegati all'uopo dal Comitato delle
Opposizioni di Milano. Uno fu trattenuto e denunziato
all'autorit� giudiziaria, non si sa ancora sotto quale
imputazione.
Anche a Firenze per la visita del Re la cittadinanza ha fatto
silenziosamente la sua dimostrazione per la libert� e lo Statuto.
La freddezza della popolazione � stata anche pi� evidente che a
Milano. Al passaggio del corteo reale in Piazza Vittorio ed in via
Tornabuoni, nelle localit� cio� dove avrebbero dovuto essere
pi� entusiastiche le manifestazioni, scarso pubblico e quasi
completa assenza di applausi. In Piazza Pitti quando il Re si
ritir� a Palazzo, non pi� di cento persone sostarono a reclamare
la sua apparizione, senza ottenerla. La sala del Politeama
fiorentino, nella serata di gala, era pochissimo affollata.
ACS, Ministero dell'Interno,
Casellario politico centrale,
fasc. Pertini Alessandro
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