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DOCUMENTI

L'arresto

Sandro Pertini rievoca in una intervista le drammatiche circostanze che portarono al suo arresto a Pisa.

. Parlai con Turati, Treves e Buozzi e dissi loro: anche noi dobbiamo andare in Italia. Andare non per rimanervi, con passaporto falso. Si sarebbe trattato di andare e venire per vedere di riorganizzare le fila del partito socialista in modo da far sentire anche la voce socialista in Italia. Subito mi fecero rilevare: "Ma tu rischi... ecc.". Ma poi finirono per accontentarmi. Ebbi un passaporto falso, ma di falso c'era solo la fotografia. Il passaporto era vero, era un passaporto svizzero. Ce li procurava Pacciardi...

Erano passaporti forniti dai funzionari svizzeri antifascisti del ministero degli Esteri, che poi noi dovevamo compilare. I timbri erano sacramentali, ce li mettevano loro. Noi dovevamo compilarli soltanto. A me dettero il nome di uno che esisteva veramente: Luigi Roncaglia di Bellinzona. La sola differenza era che la foto era la mia. Andai a Lugano da Pacciardi, che nel consegnarmi il passaporto mi disse: "Guarda che il documento � in regola, quindi vedrai che non ti faranno osservazioni. Stai attento per� ugualmente a Chiasso, alla frontiera, dove alla polizia svizzera subentra quella italiana". Nello scompartimento, prima di arrivare al confine italiano, ero in uno stato di angoscia, che per� non era paura. Mi chiedevo: se vengo riconosciuto � un guaio. Sul passaporto peraltro non avevo dubbi perch� Pacciardi mi aveva detto che il modello era originale. E difatti alla frontiera venne l'ispettore di polizia, chiese il passaporto. Poi, in attesa del controllo, mi assopii. Mi accorsi, per�, che tardavano un po' e mi dico: porco Giuda, non vorrei che... Bella frittata che avrei fatto, sono in territorio italiano, se mi prendono addio. Invece sento chiamare: Luigi Roncaglia! Avanti, avanti.
- Sono io.
- Ecco il suo passaporto, buon viaggio.
- Grazie, buon servizio.
- Grazie tante.

Ed entrai in Italia. Andai a Roma, Milano, Firenze, Torino, Novara, Napoli, girai un po' dappertutto per cercare di ritessere la tela socialista. Ed in questa riorganizzazione trovai compagni pronti che mi assecondarono. Per farla breve, presi un appuntamento a Pisa con Ernesto Rossi... Era un uomo coraggioso, che aveva fatto anche lui lunghi anni di galera. L'appuntamento era ai piedi del campanile della Torre di Pisa. Ma non venne puntuale. Per poterlo scorgere continuavo a salire e scendere dalla Torre. Pensai che potesse essere successo qualche cosa. Decisi di andare alla stazione, dove avevo lasciato la mia valigia e quindi ritornare a Roma, da dove avrei potuto prendere l'aereo per andare a Klagenfurt in Austria, per incontrarmi con dei socialisti che dovevano venire dalla Jugoslavia. Mentre attendevo il tram per andare alla stazione vedo un signore con due giovani vicini e mi blocco. Lo guardo e lo riconosco: era Saroldi, un fascista di Savona. Il destino dell'ora. Io fingo di non averlo riconosciuto. Faccio un gesto come a voler dire: il tram non arriva, mi avvio a piedi con l'intenzione di prendere il primo taxi per farmi portare alla stazione o in un'altra citt� vicina, Firenze o altrove, da dove proseguire. Mentre cammino mi accorgo di essere seguito. Vedo arrivare il tram e lo prendo in corsa, le porte del tram allora non le chiudevano. Ma con me vidi che lo presero anche altre 10-12 persone. Cio� Saroldi appena riconosciutomi aveva mandato i due giovani che stavano con lui ad avvertire i fascisti della mia presenza. Sicch� intorno a me, senza accorgermene, adagio adagio si era formato un seguito di camicie nere. Sul tram che avevo preso al volo ero seduto accanto ad una signora...

Ad un certo momento mi si avvicin� un commissario di pubblica sicurezza: "La pregherei di scendere perch� devo parlare con lei. Scenda che � meglio. Lei ha visto che il tram � pieno di camicie nere". Scendo e vengo subito circondato. Tiro fuori il mio passaporto. In quel momento non c'era Saroldi. Ed il commissario mi dice: "Ho l'ordine di portarla in questura". Andiamo in questura. Io parlavo in italiano perch� Bellinzona era nella Svizzera italiana. Dal corridoio sento un parlottare e uno che dice: "Ma � Sandro Pertini!". Evidentemente era uno a cui facevano vedere il passaporto da dove risultava che ero Luigi Roncaglia ed ero in possesso di un passaporto svizzero. E quello ripeteva: "Ma no � Sandro Pertini, sono un amico di famiglia", dagli amici mi guardi Iddio! Entrarono nella stanza dove mi trovavo. C'erano il federale di Pisa, e questo signore che subito ribadisce di conoscermi: "Ma � lui, Sandro, � conosciuto, faceva l'avvocato a Savona, la sua famiglia � amica della mia famiglia". Ed allora il questore - bisogna che io lo riconosca - che non doveva essere un fascista sfegatato, ma un fascista per forza, cerc� di tirarmi fuori dall'imbarazzo sostenendo: "Ma questo passaporto � in regola per�!".
- Certo, � in regola, sostenni anch'io.
- Ma voi parlate in italiano!
- S�, s� perch� sono di Bellinzona, della Svizzera italiana. Sono Luigi Roncaglia, signor questore. Il passaporto � in regola. Se vuole pu� controllare, io resto qui a sua disposizione. Si metta in contatto telefonico con Bellinzona, con il ministero degli Esteri, e chieda pure se c'� un passaporto a nome di Luigi Roncaglia, e lei constater�. E l'altro, che stava col federale:
- Sta mentendo. E' Sandro Pertini, perbacco, io sono amico della sua famiglia, vuole che non lo riconosca?
- S�, figlio di puttana, amico di famiglia. E riusc� a vincere lui

Intervista del Presidente della Repubblica
Roma, 17 marzo 1983


Documenti Fondazione di Studi Storici Filippo Turati   Documenti Associazione Nazionale Sandro Pertini   Materiale consultabile su CD-Rom

 

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