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Introduzione del Prof. Maurizio
degl�Innocenti ai lavori del convegno
Oggi si guarda con crescente attenzione al
ruolo dei �corpi intermedi� della societ�, anche in
relazione alla crisi dello Stato �pesante� e �invasivo�. Ci�
implica la ridefinizione dei rapporti tra pubblico e
privato.
Si dice, con fondamento, che in tal senso si
tratta di una rivoluzione nella continuit�, nella memoria,
che � anche valorizzazione, di un importante patrimonio
associativo che ha rappresentato un pilastro importante
nella costruzione e nello sviluppo dell�Italia unita.
Richiamare l�attenzione su questo aspetto,
fin troppo sottovalutato, ci pare meritorio nel momento in
cui si celebra, da pi� parti e in pi� sedi, la ricorrenza
dell�Unit� d�Italia.
Non c�� bisogno di richiamarsi all��esprit
d�association� di De Tocqueville, per sottolineare come
la cultura civica diffusa, la fiducia intersoggettiva e
l�attivismo associativo siano i requisiti necessari per una
effettiva democrazia partecipativa. Una societ� che tra
Stato e individuo abbia un vuoto eccessivo � pi� esposta,
meno virtuosa, come attesta la storia antica e recente di
larghe parti del nostro paese. Le reti di solidariet�
favoriscono l�azione dei governanti, migliorano la politica
pubblica, formano quel capitale sociale, che da pi� parti
ormai si considera il prerequisito per l�azione virtuosa
aumentando il rendimento delle istituzioni pubbliche. Di
fatto diventa premessa anche dello sviluppo economico. Dove
tra Stato e individuo pi� diffuse e solide risultano le reti
sociali, le organizzazioni intermedie, anche lo Stato
democratico � pi� solido, la legalit� pi� salda, l�economia
pi� florida.
Non si � mai abbastanza riflettuto sul fatto
che l�origine della democrazia in Europa sia legata alle
vicende dell�associazionismo su basi volontarie, di natura
mutualistica e cooperativa, dove alla met� dell�800 il voto
a testa era gi� pratica diffusa, al di l� di ogni differenza
di razza e religione, di condizione sociale e di genere
mentre con grandi difficolt� si andava affermando il diritto
di voto politico e amministrativo prima su basi fortemente
elitarie, per poi farsi universale agli inizi del �900 e
infine estendersi anche alle donne dopo la seconda guerra
mondiale. E neppure sull�importanza che, in virt� della sua
natura mutualistica, esso introduceva il principio della
interconnessione tra diritti e doveri, premessa al
radicamento del senso di responsabilit� che � alla base
della societ� civile.
Nell�associazionismo mutualistico c�� la
solidariet� reciproca, simmetrica, tra i soci, ma nella
fedelt� al principio della porta aperta, gi� elemento
cardine della Carta dei Probi pionieri di Rochdale nel 1844,
e che non a caso si accompagnava all�altro della diffusione
della cultura cooperativa, � palese la tendenza a trasferire
la responsabilit� collettiva nel tessuto sociale, ad
orientare la popolazione verso la solidariet� responsabile,
a contrastare l�esclusione sociale.
L�universo delle pratiche sociali che mettano
al centro la persona e la responsabilit�, la solidariet� e
la condivisione, innervano le tendenze volte all�inclusione,
contrastando le spinte alla frammentazione,
all�emarginazione, alla solitudine pur presenti in un mondo
che si dice ed � globale. Nel 2010, anno dedicato dalla
Comunit� europea alla lotta contro le povert� e alle
esclusioni, ci pare pertanto non privo di rilievo riflettere
sul ruolo che in tale campo ha svolto e pu� svolgere la
dimensione comunitaria del Terzo Settore, anche ai fini del
miglioramento della qualit� della vita.
E� in questo contesto che, si pu� ben dire,
si alimenta un nuovo tipo di solidariet�, la quale non si
limita alla tolleranza, perch� il volontariato, che pone al
centro della sua attivit� la persona, comincia proprio
laddove quella solidariet� passiva finisce, per rivestire un
ruolo attivo, per farsi dunque solidariet� attiva.
La matrice del sodalizio � dunque
l�associazione, il mettersi insieme, l�autoemancipazione. Il
suo simbolo storico, forse il pi� diffuso a parte i simboli
religiosi, � quello delle mani intrecciate. L�idea
associativa viene da lontano, dall�800, e permea la vicenda
del secolo successivo. L�associazione si sposa con il
volontariato. Rispetto alla societ� di interessi, di
capitale, l�associazione su basi volontaria e solidale ha
una vocazione a stare insieme, a costituirsi parte di un
tutto. Un segno distintivo � dunque la vocazione a farsi
parte di un movimento. E� un antico e nuovo problema, che
sempre si ripropone.
Accanto a concetti entrati da tempo nel
vocabolario comune, come economia sociale, capitale sociale,
terzo settore, economia civile contrapposta a quella di
capitale, se ne vanno affermando di nuovi quali welfare
commmunity o sussidiario o delle opportunit� o delle
responsabilit� condivise o relazionale, o ancora privato
sociale, civilt� dell�empatia, societ� della vita buona,
economia civile, democrazia partecipativa, cittadinanza
societaria, responsabilit� attiva a indicare un mondo in
evoluzione. In sede europea il riconoscimento istituzionale
dell�economia sociale si basa sui seguenti principi:
prevalenza dell�individuo e dell�obiettivo sociale sul
capitale, adesione volontaria ed aperta, controllo
democratico da parte dei soci (meno che per le fondazioni),
combinazione dell�interesse del socio e dell�utente con
quello generale, valorizzazione del principio di solidariet�
e dir responsabilit�, autonomia di gestione e indipendenza
dalle autorit� pubbliche, destinazione della maggior parte
dell�avanzo di bilancio al conseguimento di obiettivi di
sviluppo sostenibile.
I settori di attivit� sono i pi� vari:
l�assistenza sociale, la tutela dei diritti, le attivit�
culturali e artistiche, la ricreazione e lo sport, il
turismo sociale, la cooperazione internazionale, il lavoro e
l�inserimento lavorativo, assistenza alle emergenze. E i
destinatari sono in prevalenza i cittadini in genere, e poi
i minori e gli anziani, i cittadini di altri paesi, le
persone in difficolt�, i malati, i consumatori, etc. I tipi
di azione prevalente sono la diffusione di valori, la tutela
dei diritti, l�offerta di servizi per quanto attiene i
fattori costitutivi dell�esperienza personale, come la
salute, il lavoro, l�impiego del tempo libero, il campo
relazionale e affettivo.
E� questo, da sempre, ma soprattutto
nell�ultimo quarantennio, un universo che denota grande
vitalit�, e mobilit� con un indice alto di nascite e morti,
ma che comunque evidenzia una accentuata tendenza alla
sperimentazione, e perfino all�innovazione, tanto che
perfino la regolamentazione legislativa sembra obbedire ad
un impulso pi� dal basso dal basso che dall�alto, mentre ha
difficolt� spesso a pervenire ad una classificazione
esaustiva delle esperienze pi� recenti. Il Terzo Settore
pecca ancora della mancanza di una chiara definizione anche
a livello europeo, specialmente per quanto attiene al
volontariato, perch� in italiano esso si sposa
frequentemente al requisito della gratuit�, mentre in Europa
a quello della semplice adesione volontaria. In Europa la
definizione pi� usata � quella di �economia sociale�, di
origine francese, entro la quale rientra anche l�esperienza
del volontariato cos� come viene svolta in Italia. Il
riconoscimento � connesso da sempre all�esigenza
improcrastinabile di separare quella che un tempo, per la
cooperazione, si diceva la cooperativa vera, con fondamento
mutualistico, da quella �spuria� o �falsa�: in altre parole
il sodalizio autenticamente solidale e che pone la persona
al centro dell�attivit� da quello fittizio.
Le dimensioni del fenomeno sono nel complesso
sono imponenti. Nel 2001 l�Istat, con l�8 Censimento
generale dell�Industria e servizi, ha raccolto una prima
documentazione sistemica del non profit: 235232 unit�
istituzionali, pari al 5,4% del complesso, 488523 addetti
(il 2,5% del totale degli addetti) e 3200000 volontari
stimati, con entrate per oltre 38 miliardi di euro.
I sopra citati segnali di vitalit�, di
propensione alla sperimentazione e all�innovazione, non
mettono affatto in secondo piano i fattori di fragilit�.
L�immagine del Terzo settore pu� essere quella della cometa,
di una scia che talvolta assume le caratteristiche di un
pulviscolo, composto da decine di migliaia di
organizzazioni, frammentato, disperso e disorganizzato. C��
l�esigenza di organizzarsi, di strutturarsi in reti, in
strutture di secondo o terzo grado, per porsi come soggetto
protagonista nella vita sociale e economica del paese. Ma il
passaggio dall�insieme di tante tessere al mosaico, al
�sistema� � tutt�altro agevole. Oggi, se unanime � il
riconoscimento della crescita del Terzo Settore, largamente
tributaria alla valorizzazione del volontariato e della
cittadinanza responsabile del recente passato, emergono
perduranti difficolt� negli spazi di progettazione che lo
pongono nella condizione di gestire politiche sociali
altrove definite.
Dicevo all�inizio della crisi dello Stato
�invasivo� e della necessit�, improcrastinabile, di definire
un nuovo modello sociale sulla base della sussidiariet�, che
salvaguardi il ruolo centrale dello Stato come coordinatore
e nella copertura dei bisogni primari essenziali, ma che
sappia integrare l�azione volontaria come pilastro nel
sistema sociale di protezione. E� il senso del fortunato
slogan �meno Stato, pi� societ�, di cui in Europa destra e
sinistra rivendicano la paternit�: un ulteriore segno di un
passaggio ormai universalmente ritenuto necessario. Un
recente articolo di un autorevole studioso su un quotidiano
nazionale intitolava Perch� il Welfare del futuro sar�
privato: il riferimento � soprattutto al ruolo della
famiglia italiana come formidabile ammortizzatore sociale,
anche e soprattutto in virt� della sua ben nota capacit� di
risparmio, purch� sostenuto da nuovi �investimenti sociali�,
come il volontariato, magari accompagnati dall�incentivo
fiscale. A fronte dei bisogni crescenti, se non altro
connessi all�invecchiamento della popolazione, non sar� pi�
possibile contare sulla dilatazione degli schemi pubblici
universalistici tipici del Welfare tradizionale, n� tanto
meno sull�introduzione di nuovi da finanziarsi con nuove
imposte. Si tratta di raccogliere la sfida della costruzione
di un �secondo� o nuovo Welfare mettendosi insieme, e di
farlo su basi di efficienza e di efficacia, legando
risparmio e protezione, e valorizzando la comunit� e il
territorio quali ambiti privilegiati di relazioni solidali.
In questo senso pu� condividersi l�immagine
della svolta per certi versi epocale, da cui sono partito, e
pu� ammettersi anche che ci� sia inteso nel segno della
continuit�, in relazione ad un notevole patrimonio storico
di esperienza comunitaria. Se non altro perch� esso sta a
indicare che la sfida non � priva di fondamenta, e che
niente sembra pregiudizialmente precluso all�azione solidale
del volontariato.
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