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Progetto di ricerca

 

Ricostruire

Dalle pratiche di cura all�agire politico: donne lucchesi nel dopoguerra  (1946-1956)

A cura di Alessandra F. Celi e Simonetta Simonetti

 

 

 

In occasione del 60� anniversario del voto alle donne italiane le dottoresse Celi e Simonetti hanno avviato una ricerca finalizzata a far emergere dall�ombra in cui si trova ancora oggi l�attivit� di molte donne della provincia lucchese all�indomani della conclusione di una guerra devastante e, nello stesso tempo, dell�inizio del cammino democratico. Quel nuovo percorso vide il suo punto di partenza proprio nella facolt� di esercitare una libera scelta politica, per la prima volta nella storia della maggioranza dei cittadini italiani.

In un contesto caratterizzato anche  nel territorio lucchese dall�esigenza di superare i gravi danni psicologici e materiali  della guerra, negli anni in cui vennero decisi i criteri dello sviluppo economico e la ricostruzione dei rapporti sociali, quale relazione si stabil� tra le componenti  femminili, gi� attive nella provincia ma che ora erano divenute Cittadine a tutti gli effetti, e le strutture decisionali dei riorganizzati partiti, associazioni e sindacati, ancora fortemente maschili?

 

La realt� pubblica delle donne lucchesi affondava le sue radici in una lunga e profonda esperienza associativa che aveva dato vita a gruppi sempre pi� numerosi ed eterogenei  sia per et� che per appartenenza sociale. L�uso di uscire per ritrovarsi in una stanza della parrocchia o presso la sede di qualche associazione benefica era cosa comune e consentita anche dagli uomini della famiglia.

Durante la prima guerra mondiale, sotto la guida di un�insegnante, Giselda Chiarini, donne e ragazze di Lucca si erano organizzate in diversi settori di pubblica utilit�, mentre nel contempo riflettevano e discutevano sulla loro condizione, sui diritti negati ma necessari a farle sentire pienamente parte della comunit� per la quale esse lavoravano con passione e competenza. Il diritto di voto, da tempo oggetto di sterili e lunghe argomentazioni da parte di alcuni isolati sostenitori, era ormai percepito dalla componente femminile pi� attiva un diritto improcrastinabile  senza il quale la partecipazione pubblica alla vita della Nazione non era un dato effettivo. Alla fine della prima guerra, una smobilitazione forzata costrinse molte donne a rientrare nel luogo a loro riservato: la casa. La ventata di entusiasmo portata dalla fine del conflitto aveva portato con s� l�ipotesi che forse si sarebbe potuto pensare ad un�elettrice almeno in ambiti pi� ristretti quale quello comunale, ma ben presto, dimentichi di quanto essenziale fosse stato l�apporto femminile nel duro periodo bellico, si volle ricostituire e restaurare un ordine sociale che non prevedeva partecipazione di genere; nello specifico lucchese questo significava rientrare in un vivere conforme a regole tacite di decoro e riservatezza.Tutte a casa, anche se non fu del tutto vero, neppure nella Lucchesia.

In alcuni paesi europei le donne avevano ottenuto il diritto di voto dopo lunghe lotte; in Italia, grazie a diversi fattori storici quali la forte presenza della Chiesa, l�esistenza di un codice d�onore mediterraneo fortemente radicato nelle menti e un�atavica concezione dei ruoli sociali, la strada per arrivare ad ottenere questo diritto fu lunga e attraversata da un Regime che ambiguamente condusse una politica femminile fatta di concessioni e di limitazioni. Le associazioni cattoliche erano insieme a quelle previste dal Regime le uniche realt� aggregative che permettevano alle donne di riunirsi, confrontarsi, conoscersi. Nella citt�, proprio intorno alle parrocchie, donne di ogni et� avevano l�opportunit� di operare, ascoltare, e di parlare.

Durante la guerra quando lo stravolgimento sociale raggiunse livelli massimi l�elemento femminile continu� a svolgere i compiti di cura ai quali era stato designato, mantenne quello che restava del nucleo familiare, si adoper� per aiutare chi non riusciva pi� a sperare, lavor� in fabbriche, nei servizi pubblici, si fece staffetta senza indugio, incurante del rischio e delle conseguenze.

Alla fine del conflitto le donne del territorio raccolsero le forze rimaste e cominciarono a ricostruire, unite nella volont� comune di riparare almeno in parte a quanto la guerra aveva distrutto: le cattoliche, le partigiane, le donne dell�UDI, quelle del CIF in un primo momento unirono le forze e riorganizzarono scuole, asili, mense, punti di riferimento per gli sbandati e per le famiglie che gradatamente cercavano di  ripensare ad una normalit�, anche se  mutilata. Nelle campagne, come nei nuclei cittadini, si organizzarono gruppi di soccorso che per un breve ma intenso lasso di tempo procedettero insieme, al di l� delle diversificazioni ideologiche.

UDI e CIF anche nella provincia lucchese radunarono donne facendole poi proseguire su percorsi che si faranno negli anni nettamente distinti. Ed � interessante approfondire questa distinzione che si spalma sulla diversit� delle zone della provincia: nella Piana (Lucca e zone limitrofe) la rappresentanza della donne cattoliche � predominante e la loro influenza sociale ormai consolidata da anni di attivismo, non interrotto neppure dal Regime; in questo contesto emerger� dal primo dopoguerra una donna che arriver� ad un ruolo rilevante nella politica nazionale: Maria Eletta Martini; ma sarebbe da ricercare anche la presenza e l�attivit� di quelle donne che si presentarono nelle liste indipendenti, in quelle dei repubblicani o dei liberali. Lungo la costa, al contrario, emersero, lungo un percorso che arrivava direttamente dalla Resistenza, altre donne, socialiste e comuniste, che faranno poi sentire la loro voce riguardo i problemi della comunit�: sono, queste, donne molto determinate, a volte aggressive, che paiono derivare da quelle �donne della gente di mare� descritte da Tobino e dipinte efficacemente da Viani.

In questo contesto fu loro riconosciuta la possibilit� di eleggere propri rappresentanti, prima nel comune di appartenenza poi alle politiche. Per la prima volta le donne vennero elette e ci si aspett� da loro un impegno politico nel senso pieno del termine. Vennero cos� presentate nelle liste elettorali e, nell�immediato, furono tutte o attiviste cattoliche, o perseguitate politiche, o partigiane. Certo c�era ancora una maggioranza silenziosa, nel dopoguerra, difficile da quantificare, che difendeva l�antica, storica lontananza dalla sfera pubblica e che si sentiva in opposizione, o almeno indifferente, verso le richieste di nuovi diritti femminili.

Necessaria e rivelatrice appare in quest�ottica l�analisi del diverso vissuto delle donne della costa, delle peculiarit� dovute al differente substrato sociale nel quale queste donne si trovarono a vivere ed agire. La Versilia � da sempre caratterizzata da una tipica struttura economico-sociale, ben diversa da quella della Piana lucchese:  negli anni fra le due guerre  non ci troviamo cio� di fronte a nuclei organizzati intorno a piccola o piccolissima propriet� terriera, non allo spirito conservatore  e religiosissimo di cui si � scritto come carattere fondante del cittadino lucchese, poche erano infine le strutture industriali.

Mentre Lucca, poi,  fu caratterizzata fino almeno alle elezioni del �19 da una scarsa esperienza in tema di movimenti di massa, la costa era attraversata da precisi fermenti sociali e dalla diffusione dei movimenti socialisti, anarchici e poi comunisti; anche se scarso, l�insediamento industriale nel territorio, e ci si riferisce essenzialmente all�attivit� estrattiva del marmo e ai cantieri navali, presentava una classe lavoratrice molto combattiva e politicizzata, indubbiamente per le difficili condizioni di lavoro e per le ricorrenti crisi di quei settori di produzione. Esisteva anche una certa attivit� artigianale, sempre legata al settore del marmo e comunque delimitata alle comunit� di Seravezza e Pietrasanta.

La frequenza, a fasi alterne, di situazioni di forte crisi economica e la povert� diffusa, senza la valvola di sfogo dell� emigrazione, presente invece in altre zone della Lucchesia, avevano creato i presupposti per l�affermazione di un forte associazionismo sindacale.

E� cosi che troviamo i socialisti presenti essenzialmente nella corrente rivoluzionaria nella zona di Viareggio, in specie fra i lavoratori dei cantieri navali; � rintracciabile una consistente lega rossa tra i marinai di Forte dei Marmi e forti spinte anarchiche tra i cavatori di Seravezza e delle zone Apuane.

Lo stesso dato degli scioperi attuati nel corso del �19 � indicativo: di trentuno scioperi proclamati nell�intera provincia pi� della met� sono effettuati in Versilia; nello stesso modo le Camere del Lavoro si svilupparono maggiormente in questa zona. Del resto le stesse fonti di marca fascista parlano di �gravi difficolt� in cui si trov� al suo nascere il fascismo versiliese�.

La guerra naturalmente precipit� questa zona, gi� in crisi dagli anni trenta per le ripercussioni della situazione  mondiale, in enormi difficolt� economiche; entrarono in crisi tutti quei settori che abbiamo visto prima: blocco nell�industria del marmo e nelle relative esportazioni, progressivo fermo nelle attivit� di pesca sia per le mine disseminate lungo la costa che per la requisizione delle barche da pesca, difficolt� nei cantieri con grave danno per molte famiglie viareggine; sub� un arresto o almeno un notevole rallentamento anche l�attivit� turistica della quale vivevano molte famiglie costiere.

A questo bisogna aggiungere la difficile convivenza col fascismo repubblicano, anche se a Forte dei Marmi si costitu� uno dei primi fasci repubblicani della Toscana, ma soprattutto con l�occupazione tedesca vissuta da subito con diffidenza e timore accresciuti progressivamente per le azioni compiute dalle truppe di occupazione, come testimoniano le voci di quanti oggi ricordano quel periodo.

Questi tratti peculiari si ritrovano, costantemente rappresentati, negli anni che qui ci interessano: si intende capire se possano aver determinato anche un particolare atteggiamento nell�agire delle donne e nel conseguente interagire con le azioni degli uomini.

A partire dal lavoro svolto durante il conflitto, nelle organizzazioni cattoliche come nei Gruppi difesa della donna e poi nel Centro Italiano Femminile o nell�Unione Donne Italiane, pare emergere un modo di rapportarsi alla sfera pubblica caratterizzato dalla concretezza, un�insofferenza comune alle donne verso un modo maschile di rappresentarsi nella politica e nel sociale: ��i discorsi, lunghi, interminabili discorsi, mi innervosivano. Volevo fare qualcosa di tangibile�, racconta una testimone parlando delle prime riunioni di partito nel dopoguerra.

Merita riflettere anche sul fatto che fu dalla costa che emersero i primi segnali, le prime azioni di insofferenza e ribellione al Regime; forse non � un caso che proprio a Viareggio si costituisse, gi� a partire dall�autunno del �43, un nucleo di donne che solevano riunirsi per fare lunghe riflessioni su quel domani che si sperava arrivasse presto, le stesse che al momento opportuno fecero una scelta precisa di azione in clandestinit�: furono custodi di armi, staffette, ebbero cura degli uomini imprigionati a S. Giorgio a Lucca nelle numerose retate, si meritarono ampiamente quella medaglia d�oro per la quale oggi si ricorda Vera Vassalle.

A fine guerra, in quegli anni cos� decisivi per le sorti del Paese, che ne fu di quel gruppo di donne, che tipo di scelta compirono col voto?

 

Quindi se da una parte si vuole indagare su una effettiva differenza nel modo di porsi, nel reagire e nell�agire concreto fra le donne dei diversi territori della provincia, dall�altra si intende andare a ricercare le scelte concrete che le donne fecero nell�immediato dopoguerra, quale atteggiamento ebbero nei confronti del voto, verso quali campi d�intervento immediati diressero le loro energie le donne elette e come si rapportarono con le strutture maschili nelle quali agirono.

In particolare si intende volgere l�attenzione sul percorso di alcune donne che hanno improntato la loro azione nel territorio in senso sociale prima e poi propriamente politico.

 

Il progetto in questione ha l�obiettivo di effettuare una ricostruzione delle aspettative delle donne all�indomani di un lungo periodo che le vide vittime di una dittatura e del conflitto, ma anche protagoniste prima silenziose e poi appassionate di una nascita democratica; vuole anche verificare se la disposizione mostrata verso �azioni concrete� nell�agire politico, si mantenne quando esse furono inserite nelle liste elettorali prima, e poi effettivamente negli organi istituzionali e nella vita di partito. Si intende verificare poi quali realt� associative influirono, o almeno tentarono, sulla scelta elettorale e con quali strumenti.

La ricerca, una volta completata, ha l�intenzione di contribuire alla ricostruzione di un tassello di storia toscana che possa essere base per altri studi sul genere, e di grande attualit� se si pensa al dibattito in corso sulla rappresentanza politica delle donne e sul loro odierno difficile rapporto con la pratica di governo della cosa pubblica: far conoscere alle nuove generazioni  una componente civile laddove l�odierno contributo storiografico, anche locale, � di fatto carente a questo proposito. Portare alla luce quell�intensa preparazione degli animi e delle menti che port� a scegliere. Riflettere sul perch� dell� attuale disaffezione alla politica e sulle cause che hanno portato molte donne ad avere verso l�impegno politico  una sorta di estraneit� che tanto contraddice la passione delle prime cittadine nel periodo �45-�50.

E� ipotizzabile anche un uso didattico della stessa, ad esempio nell�ambito di percorsi sulla cittadinanza femminile, oltre che auspicarne la lettura da parte di numerose donne del territorio per una maggiore consapevolezza delle proprie radici.

L�indagine ha quindi come scopo anche quello di evidenziare, se ci fu, un particolare atteggiamento da parte dei ricostituiti partiti politici alla fine del conflitto verso le donne che avrebbero, per la prima volta in Italia, potuto esprimere il loro voto ed essere elette.

 

L�obiettivo � di costruire una banca dati a ci� destinata corredata da immagini iconografiche e documenti d�archivio, pubblicistica e fonti orali, a beneficio della collettivit� e soprattutto delle giovani generazioni.

 

 

Foto

 

La Fondaione Turati conserva presso la sede le interviste alle protagoniste e i loro familiari