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 Premessa
- Note - 

(1) cfr. K. Barth, La teologia protestante nel XIX secolo, Milano, Jaca Book 1979, vol. I pp. 66-68. 

(2) cfr. K. Marx, Per la critica della filosofia dei diritto di Hegel, in Opere, Roma, 1970, vol. 3, pp. 190-191. 

(3) cfr. Nietzsche, La gaia scienza, Milano, Mondadori, 1979, pp. 125-126. 

(4) cfr. F. Nietzsche, L'Anticristo, Milano, Adelphi, 1978, p. 98.

(5) cfr. Carteggio tra K. Barth e A. v. Harnack, in Le origini della teologia dialettica, Brescia, Queriniana, 1976, pp. 376-402.





 Capitolo I
- Note - 

(1) cfr. K. Barth, La teologia protestante nel XIX secolo, cit., vol. I, pp. 84-85. 

(2) cfr. A. v.. Harnack, L'essenza del Cristianesimo, Brescia, Queriniana, 1980, p. 140. 

(3) cfr. Ivi, p. 138. 

(4) cfr. L. Feuerbach, L'essenza del Cristianesimo, Milano, Feltrinelli, 1980, pp. 285 e sgg.

(5) per il "Socialismo religioso" v. I. Mancini, Novecento teologico, Firenze, Vallecchi, 1977, pp. 379 e sgg. 

(6) cfr.. E.. Busch, KARL BARTH-biografia, Brescia, Queriniana, l977, pp. 76-78. 

(7) cfr. Ibidem. II - 



 Capitolo II
- Note - 


(
1) ci riferiremo sempre alla traduzione italiana: K. Barth, L'Epistola ai Romani, Milano, Feltrinelli, 1978. 

(2) cfr. Op. Cit. p. 313. 

(3) K. Barth, Dogmatica in sintesi, Roma, Citt� Nuova, pp. 66-68. Si trova anche in Dialogo su Dio, antologia sulla teologia del '900, Queriniana, Brescia,1976, pp. 20-21. 

(4) cfr. K. Barth, L'Epistola ai Romani, cit., p. 5. 

(5) Op. cit., p. 6. 

(6) Op. cit. p. 69. Abbiamo inoltre tenuto presente i seguenti lavori su Barth e sulla teologia del '900. 
� E.. Busch, KARL BARTH/monografia, Queriniana, Brescia, 1977. 
� B.. Willems, Introduzione al pensiero di K.Barth, Queriniana, Brescia, 1966. 
� C. Casalis, KARL BARTH, Torino, Claudiana, 1967. 
� B.Gherardini, La parola di Dio nella teologia di K. Barth, Roma, Studium, 1955. 
� H. Zahrnt, Alle prese con Dio, (storia teol. Prot. del '900), Queriniana, Brescia, 1976 � pp. 5- 54. 
� V. Subilia, Il protestantesimo moderno tra Schleiermacher e Barth Torino, Claudiana, 1981, pp.111-135. 
� I. Mancini, Novecento teologico, Firenze, Vallecchi, 1977, primo capitolo.


 Capitolo III
- Note - 


(1) Su questo argomento abbiamo tenuto presente soprattutto i seguenti testi, da cui abbiamo tratto le citazioni: 
� D. Cornu, K. Barth e la politica, Torino, Claudiana, 1970.. 
� Tra la croce e la svastica - Il messaggio di una Chiesa confessante per il nostro tempo (Barmen 1934-1984), Torino, Claudiana,1984. 
� E. Busch, K. Barth, biografia, Brescia, Queriniana, 1977. 

(2) Tra la croce e la svastica eco., cit., pp.79-86. 

(3) La Dogmatica Ecclesiale non � interamente tradotta in italiano, completo esiste solo il vol. 11/2 sull'elezione divina: K. Barth, La dottrina dell'elezione divina, Torino, UTET, 1983. Esistono poi alcune antologie: 
� K. Barth, Antologia, Milano, Bompiani, l983 (brani dalla Dogmatica e da altre opere) 
� K. Barth, Dogmatica ecclesiale, antologia, Bologna, Il Mulino 1968. 
� E' poi tradotta La Dogmatica in sintesi, (Roma, Citt� nuova), corso semestrale tenuto indipendentemente dalla elaborazione della grande Dogmatica.

(4) cito da A. Moda, Introduzione alla Dottrina dell'elezione divine, cit., pp. 88-89. Abbiamo poi tenuto presente i seguenti testi citati nei capitoli precedenti: 
� B. Willems, Introduzione al pensiero di K. Barth, cit.. 
� G. Casalis, K. Barth, cit.. 
� H.. Zahrnt, Alle prese con Dio, cit. 
� I. Mancini, Novecento teologico, cit.


 


 
     
 
 
 

 

 


 

"Le Chiese europee d'Occidente nel passaggio dai totalitarismi di destra alla democrazia: aspetti e problemi"


K. BARTH TRA TEOLOGIA E POLITICA 
di Enrico Del Bianco

Presentazione

Premessa

 I. Umanizzazione del cristianesimo nell'et� della borghesia 

1- La riduzione moralistica ed intimistica dell'Evangelo nella teologia "liberale"
2- Il socialismo cristiano negli anni '20 
3 - La prima guerra mondiale e la crisi della moralit� e della religiosit� borghesi
 

II. La Rivoluzione teologica di Barth: il Roemerbrief

1- Premessa: una "notizia buona"
2- Il Roemerbrief del 1922
Conclusioni

III. Barth: "Solus Christus"

1- Opposizione teologica al nazismo: La Confessione di Barmen 
2- La Grande Dogmatica Ecclesiale

Conclusioni


 


Presentazione

Per quello che ne sappiamo, non esistono antologie scolastiche dedicate all'opera di K. Barth. Gi� questo elemento evidenzia il ritardo della cultura e della scuola italiana in un campo, quello della storia della teologia, fondamentale non solo in s�, ma anche in relazione ad una completa comprensione di menti importanti della storia civile e culturale europea. Il pensiero di Barth, infatti � centrale per costruire un quadro completo del panorama culturale di lingua tedesca nel passaggio dal totalitarismo nazista alla democrazia. Non solo, il contributo di Barth e di altri teologi, ci illumina su un capitolo particolare della resistenza al regime hitleriano. Quello della Chiesa Confessante. 

Il lavoro che presentiamo consta di due parti. Un saggio introduttivo e una scelta antologica. Il saggio � frutto del concreto fare scuola e spera di coniugare chiarezza e rigore; l'antologia, pure, � funzionale al rapporto di insegnamento-apprendimento e propone passi che possano colpire l'attenzione di chi non ne sa ancora nulla. Speriamo di aver messo in cantiere uno strumento vivo che possa servire anche ad altri. Il lavoro, comunque, � aperto e speriamo, gi� nel prossimo anno, di poterlo migliorare. 

Premessa

Quando pensiamo al secolo ventesimo ci vengono in mente alcuni avvenimenti storici nei quali si sono mossi uomini politici e di cultura o movimenti di massa che ne hanno particolarmente espresso la sensibilit� e le problematiche esistenziali pi� urgenti. Pirandello ci richiama subito ad una determinata rappresentazione della crisi in cui la borghesia italiana ed europea ormai versa sin dall'ultimo '800. Stravinsky nelle opere musicali ci d� un'idea della sensibilit� musicale di un secolo che non pu� pi� esprimersi attraverso le armoniose composizioni dei secoli precedenti. Sia di Pirandello che di Stravinsky mai, neppure distrattamente, potremmo affermare che sono uomini dell'800: essi, infatti, hanno espresso pienamente nel loro ambito culturale il '900, cos� come Verdi e Manzoni sono stati l'800. 

L'uomo del XX secolo ha dunque una sua caratterizzazione che lo fa infinitamente diverso da quello del passato la sua letteratura, musica, pittura, modo di far politica, pur nella continuit� con ci� che � stato, hanno una fisionomia inconfondibile. E nel campo teologico quest'uomo del '900 ha taciuto? Esiste una teologia del '900? 

Nel nostro secolo le chiese hanno riflettuto in un particolare modo sull'oggetto di cui devono rendere testimonianza? Di fronte a queste domande ci facciamo zitti e rischiamo di non saper indicare forse neppure un protagonista della vicenda teologica del nostro secolo. Eppure � esistita una teologia del XX secolo, ed � stata una grande teologia che in Europa e nel resto del mondo ha avuto vasta risonanza e che, anche in Italia, dopo anni di totale indifferenza, comincia ad essere conosciuta. 

In questo contesto, la scuola italiana tarda ancora a riconoscere al pensiero teologico contemporaneo il posto che merita. Uno dei motivi di questo ritardo sicuramente deve essere cercato nella mancanza di un autentico interesse per gli studi biblici, mancanza dovuta, tra, le altre cose, alla "strana alleanza" realizzatasi a partire dall'800 tra tradizionalismo cattolico e liberalismo risorgimentale. 

Questo fenomeno, comunque, non sta a noi ora approfondire in questa sede. Un altro motivo lo possiamo individuare in una determinata concezione della teologia assai diffusa tra noi. Ancora in molti, oggi, ritengono che la teologia sia un esercizio riservato agli intellettuali addetti ai lavori, insomma una scienza specialistica che ben poco ha a che fare con la vita concreta dei credenti e dei non credenti. Se la teologia � effettivamente un interrogarsi sul sesso degli angeli noi daremo ragione a chi la rifiuta con insofferenza. Ma la teologia cristiana non � questo! E � un servizio essenziale che la Chiesa (non i singoli specialisti!) deve rendere alla Parola di Dio. Nella prospettiva cristiana la teologia � la riflessione metodico-critica che la Chiesa compie sulla Parola di DIO di cui deve rendere testimonianza. La Chiesa si chiede che cosa deve predicare, come annunciare la Parola: la faticosa e contingente risposta a questa domanda � la teologia. Se questo � vero ogni credente, in quanto annunciatore, servitore della Parola divina, � un teologo chiamato a testimoniare mediante il suo parlare la Parola di DIO. Inoltre, proprio perch� questo lavoro non � affare del singolo, ma della comunit� ecclesiale, ciascuno ha il dovere di ascoltare anche la testimonianza degli altri. Nel confronto poi, chi ha saputo dare voce a tutti, esprimendo con chiarezza ci� che gli altri avvertivano ma in modo confuso, senza trovare le parole giuste. Proprio questo ascolto vicendevole, per la chiesa � la Communio Sanctorum? (1) 

Ma ha senso oggi parlare d� Cristianesimo? di teologia? Il XX secolo ha ancora interesse per Dio e per Cristo? Come si pu� fare teologia, ed ancor di pi�, come si pu� concepire una fede dopo la critica della religione e del Cristianesimo portata avanti in vari, modi nell'800? Cosa rispondere alle accuse di Marx sulla "religione-oppio-del-popolo" (2)? Che cosa si pu� replicare a Nietzsche che grida "Dio � morto" (3) e che lancia sul Cristianesimo l'accusa di essere la sintesi del pi� terribile moralismo nemico della vitalit� dell'uomo? (4) 

Molti teologi del XX secolo a cominciare da K. Barth hanno accettato questa critica, anzi l'hanno radicalizzata. ed hanno indicato nel Cristianesimo o meglio nella Parola di Dio la crisi e la fine della religione, intendendo quest'ultima come il presuntuoso tentativo umano di conoscere Dio facendo cos� di Dio stesso un oggetto in nostro potere. 

La teologia del '900 ha nuovamente affermato l'assoluta trascendenza di Dio e ha urlato con rinnovata forza lo scandalo che � l'Evangelo della libera grazia di Dio per il inondo. Essa ha fatto propria, radicalizzandola, la critica a quella versione del Cristianesimo che ha progressivamente eliminato quanto di scandaloso ci fosse nel messaggio evangelico per la mentalit� e la pratica delle borghesie emergenti. 

La teologia liberale dell'800, infatti, aveva tentato di ridurre la Parola di Dio al cosiddetto "semplice vangelo" caro ad Harnack (5), intendendo con ci� un annunci� di Dio e insieme della "nobilt� dell'anima umana". In questo contesto Ges� diventava un uomo pio come tanti altri, anche se dotato di una religiosit� di particolare ricchezza e di una nobilt� d'animo che si propone come modello. L'uomo nobilitato, la cui anima ha un "valore infinito" � l'uomo che pu� innalzarsi dalle costrizioni della vita quotidiana e rifugiarsi nella sua pia interiorit� dove l'aspetta Dio. Ebbene, K. Barth all'inizio del XX secolo ha fatto la scoperta che solo "Dio � Dio", appunto, non un idolo creato dagli uomini come immagine sublimata di se stessi: il Dio della religione � irrimediabilmente morto, ed. � stato ucciso non da Marx o da Nietzsche, ma dal DIO vivente manifestatosi in Ges� Cristo. 

I. Umanizzazione del cristianesimo nell'et� della borghesia 

1- La riduzione moralistica ed intimistica dell'Evangelo nella teologia "liberale"

Come possiamo definire l'et� borghese? Qual � il denominatore comune di tutte le sue manifestazioni? Per K. Barth l'et� borghese � l'et� dell'assolutismo, intendendo con ci� non tanto l'assolutismo politico, quanto il fatto che l'uomo sperimenta se stesso come un assoluto. Assolutismo in generale pu� significare un sistema di vita fondato sul presupposto fideistico dell'onnipotenza delle possibilit� umane (1). 

L'uomo borghese si sente un dominatore di tutto quello che sta fuori di lui, sa insomma che il mondo esterno � in suo potere. Dio � lasciato al suo posto solo a patto che giustifichi, garantisca questa fede che l'uomo ha nella propria onnipotenza. L'uomo che vive in questa dimensione � quello che crede di avere in s� l'infinito, Dio stesso e che si percepisce come il signore della propria vita. Nessun campo della cultura o in generale della vita, pu� sottrarsi alla conquista dell'uomo stesso, e tutto ci� che si oppone a questa riduzione � condannato al non senso, alla non esistenza. 

E il Cristianesimo, � esso umanizzabile e riducibile alla misura dell'uomo borghese? Per procedere all'umanizzazione, alla borghesizzazione del Cristianesimo bisognava attrarre Dio nel cerchio della sovranit� umana riducendo la sua realt� trascendente a realt� interiormente vissuta, esistente nell'esperienza religiosa dell'uomo. 

Accanto ad una scienza onnipotente, ad una morale, ad una politica e ad un'arte fondate su se stesse, cio� sull'uomo, non poteva mancare una religione autonoma, fondata sulla spiritualit� dell'uomo stesso. Questa impresa ha caratterizzato la teologia protestante ottocentesca e soprattutto l'opera del suo pi� grande rappresentante: F. Schleiermacher. 

Per prima cosa, e nel modo pi� immediatamente percepibile, l'uomo borghese va alla carica del Cristianesimo con la statualizzazione della Chiesa. Il Cristianesimo diventa cos� uno strumento della sovranit� statale. Non pu� darsi, secondo la logica borghese, un'organizzazione della vita che non organizzi anche la vita religiosa: l'organismo statale, insomma, deve aver potere su tutte le istanze che caratterizzano la vita civile. Sicuramente pi� importante, per la nostra ricerca, � il tentativo di umanizzazione della teologia e del Cristianesimo che avviene attraverso la morale borghese. 

La borghesia nascente scopre la pericolosit� e l'inutilit� delle dispute teologiche, puramente teoriche, che, nei secoli precedenti, hanno autorizzato vere e proprio guerre interminabili tra i cristianissimi paesi europei. Contro le fedi teoretiche del passato recente, la nuova classe emergente grida oh. il cristianesimo non � principalmente una dottrina, ma fatto pratico, vita, esistenza. 

Insomma il borghese che � uomo fondamentalmente pratico chiede al Cristianesimo di essere altrettanto. In questa logica il Cristianesimo, per avere un senso, deve corrispondere ai bisogni e alle speranze attuali. Se l'uomo del '700-'800 sente un anelito di libert�, cos� pure il Cristianesimo deve essere la proclamazione di questa libert�, se si desidera che la lotta delle classi pi� deboli non sia lecita moralmente, cos� pure il Cristianesimo deve ribadire la propria estraneit� ad ogni. progetto di emancipazione sociale (2). 

In questo modo il borghese realizza la canonizzazione del suo agire senza scrupoli servendosi soprattutto del Cristianesimo purgato da ogni problematica soteriologica ed escatologica. Cos� il Cristianesimo diventa la morale borghese. Cos� le omelie e i sermoni, chiamati alla concretezza avranno temi come questi: "I doveri di una comunit� cristiana in un incendio", oppure "Come dobbiamo comportarsi in modo pio e prudente durante i temporali" e cos� via. 

L'accento, insomma, non � pi� sull'opera salvifica di Dio, ma nel migliore dei casi sul miglioramento della vita con essa connesso. Lo sguardo non � rivolto umilmente a Dio che salva, ma si ammira l'uomo salvato, e salvato gi� in partenza dal momento che la religione interviene solo per evidenziare la divinit�, la santit� che l'uomo possiede in quanto tale. Il Cristianesimo � interpellato perch� dica SI', guai quando dice NO. In questo caso esso dimostra di essere un oggetto antiquato ed essenzialmente teorico. 

Dunque, deve essere cambiato. aggiornato. modernizzato. L'uomo � cos� diventato il giudice della Parola di Dio, eg1i � il signore, l'arbitro. il canone della Rivelazione. Ma il Cristianesimo cos� come viene testimoniato dalla Scrittura, mal si presta ad una riduzione nei termini di una qualunque morale, e tanto meno nei termini della morale borghese. Secondo Barth il teologo liberale per saltare l'ostacolo dovr� individuare, grazie a rigorose ricerche storico-critiche, un cosiddetto autentico cristianesimo, in cui non siano presenti contraddizioni o residui dogmatici insopportabili per la scienza ed il buon senso borghese. 

Si cerca cos� un cristianesimo naturale, ragionevole, che non dia scandalo e che soprattutto non proclami l'assurdo scandalo della croce. Cristianesimo naturale e ragionevole � quello in cui si adora l'uomo divenuto il protagonista, il soggetto del discorso teologico. In questa ottica, � ovvio che non ha pi� senso una dottrina trinitaria, essa, infatti, mette l'accento sull'agire di Dio, non su quello dell'uomo, e cos� per la dottrina della Sola Gratia o per quella delle due nature di Cristo: sembrano non aver pi� nessun valore per l'uomo moderno proprio perch� in rapporto a ci� di cui egli ha bisogno, in rapporto cio� alle sue esigenze religiose, esse non dicono nulla, non sono abbastanza pratiche. Cristo, allora, non sar� pi� l'uomo-Dio, ma il rabb� maestro di morale e la Chiesa non sar� pi� la Sposa o il Corpo, ma una societ� di amici religiosamente dotati. L'escatologia dovr� rifiutare la "volgare" resurrezione della carne per diventare la dottrina dell'immortalit� dell'anima. 

Quanto fino ad ora s'� detto, sottende poi quel processo di individualizzazione ed interiorizzazione del Cristianesimo che ha caratterizzato la cultura occidentale dopo il tramonto della coralit� medievale. L'uomo ora si riconosce come individuum per il quale sussiste ed ha senso solo ci� che pu� essere interiorizzato e questo vale, ovviamente, anche per i fondamentali misteri del Cristianesimo. L'Incarnazione, per es., deve essere sottoposta ad un processo di interiorizzazione da parte dell'individuo, il quale deve sentire, percepire questo mistero come vero, accettabile, fecondo per la sua crescita e per lo sviluppo del suo "io" religioso. 

Allora si dir� che la nascita di Cristo � quella che avviene nel nostro cuore, la sua morte salvifica sar� quella che noi sperimentiamo crocifiggendo noi stessi; la sua resurrezione sar� il nostro trionfo su noi stessi, l'essere diventati padroni del nostro io. Cos� l'Evento salvifico del Cristianesimo, ci� che � accaduto in e a Ges� Cristo diventa un fatto , un accadimento, un'avventura della nostra pia coscienza. In questo contesto � chiaro che l'unica autorit� ammissibile � la voce interiore della coscienza, non la Scrittura, non la Chiesa, neppure Dio a rigore. 

In conclusione, al centro del Cristianesimo borghese troviamo l'esperienza religiosa dell'uomo: ci� che � adorato, contemplato, ci� che desta meraviglia � questa divinit� che l'uomo si scopre addosso. Dio ormai � fuori gioco. Di fronte all'umanizzazione di tutto il messaggio cristiano, Feuerbach e Marx hanno solo esplicitato e smascherato l'ateismo latente nella teologia del cristianesimo borghese (4). 

Solo in malafede si poteva parlare ancora di Dio. L'unico interesse, di fatto, era per l'uomo, divenuto, ormai, il soggetto assoluto, di cui Cristo � uno dei tanti predicati. 

2- Il socialismo cristiano negli anni '20 

Abbiamo constatato l'infinita fiducia che il Cristianesimo liberale ha nel progresso umano (4) ebbene tale ottimistica visione � caratteristica anche del cosiddetto socialismo religioso nato a fine '800, sviluppatosi nel primo ventennio del secolo. 

Possiamo distinguere almeno tre diverse proposte all'interno di questo movimento; in esse, nonostante le differenze, si ritiene decisiva per il Regno di Dio la causa socialista allora nascente. La. prima proposta delle tre, la possiamo identificare nell'opera di. H.Kutter. Questo autore identifica senza mezzi termini l'essenza vivente del Cristianesimo nella lotta. comunista. Dunque, in questa ottica, la sussistenza de Cristianesimo � legata al socialismo non solo in via culturale e transitoria, ma in modo essenziale e definitivo. 

Queste drastiche affermazioni di Kutter poggiano sulla convinzione che Dio parli o meglio si identifichi con ci� che � vitalmente emergente. e all'inizio del '900, quando il nostro autore scrive, ci� che appariva vitalmente emergente era il proletariato organizzato. Su questa base Kutter arrivava ad affermare che i proletari devono essere considerati gli eletti, gli eredi dell'essenza cristiana, i realizzatori del disegno divino. In questo contesto, l'urlo dei disperati diventa la parola di Dio, del vero Dio, il Vivente. La seconda proposta che vogliamo considerare � quella di L. Ragaz, il quale inverte il rapporto tra socialismo e Cristianesimo quale � emerso in Kutter: ora. infatti � il Cristianesimo a.i essere misura, criterio di inveramento e fondamento del socialismo. In questa prospettiva il criterio di validit� del socialismo � dato dalla presenza in esso dell'essenza del messaggio cristiano, identificata da Ragaz nella redenzione sociale dal peccato, concepito come ricchezza, guerra, l'ingiustizia, etc. Si tratta dunque di conferire al socialismo una fondazione religiosa sostituendo ad una impostazione materialistica, scientista, quella religioso-cristiana. La terza proposta che consideriamo, pur essendo posteriore alle precedenti di qualche anno, ne continua le linee fondamentali. Ci riferiamo all'opera di P. Tillich (1886-1965). Tillich ritiene che il Cristianesimo non possa vivere come pura parola di Dio proclamata, avendo esso bisogno di una proiezione culturale e politica.. Questa necessaria proiezione deve essere realizzata secondo la legge dell'affinit�, si cerca cio� ci� che al momento si presenta pi� affine allo spirito del Cristianesimo. Questa realt� "affine" al Cristianesimo Tillich la identifica con il socialismo. 

Questa impostazione d� per scontata, come nella teologia liberale, l'identificazione della sostanza del Cristianesimo con la sua amabilit� morale. La religione dell'amore, appunto il Cristianesimo trova nel socialismo la mediazione culturale necessaria per comunicare con l'uomo di oggi. Solo in questo modo si pu� evitare che il messaggio cristiano resti un'astratta esigenza di moralit�. 

Per concludere, nessuna delle tre proposte presentate risulta autenticamente autonoma rispetto alla teologia liberale. La prima pone un'immediata identificazione tra il Cristianesimo e un qualunque messianesimo politico, la seconda finisce per "battezzare" il socialismo gareggiando con altre possibili fondazioni ideologiche di esso (quelle materialistiche) la terza si risolve in un progetto culturale di palese debolezza teorica, vista la difficolt� di individuare, con criteri oggettivi, ci� che di volta in volta risulta pi� affine al messaggio cristiano. In questi tentativi di "attualizzazione", insomma, il Cristianesimo perde la sua dimensione "rivelativa" per ridursi ad un progetto etico o socio-politico. (5) 

3 - La prima guerra mondiale e la crisi della moralit� e della religiosit� borghesi 

La sera del 4 agosto 1914 A. v. Harnack tracciava il proclama del Kaiser al suo popolo, e pochi giorni dopo aderiva assieme ad almeno altri novantatre uomini di cultura al cosiddetto Manifesto degli intellettuali.

Tra i teologi firmatari c'erano, oltre Harnack, anche W. Hermann, F. Naumann, A. Schattler, E. Troeltsch. Agli occhi di giovani studiosi e pastori come K. Barth questa adesione dei maggiori maestri di teologia del tempo alla politica di guerra tedesca, metteva in evidenza il fallimento del pensiero variamente liberale del XIX secolo e la doppia faccia del progresso e della "civilizzazione" borghese. 

Di fronte alle speranze in un prossimo regno di pace e di amore non ritenute pi� una "sterile utopia" per dirla con Harnack ora stava un fatto concreto, una prova ultimativa della storia: la guerra. La guerra per uomini come K. Barth signific� la demistificazione di quell'etica cristiana e di quella vita religiosa che sempre avevano trovato il modo di giustificare lo sfruttamento economico, la prostituzione, la speculazione immobiliare, l'alcoolismo, l'evasione fiscale e il militarismo (6). 

La guerra aveva messo in evidenza la facilit� con cui gli apostoli della cultura, della civilizzazione e del progresso, tutti cittadini pieni di zelo e cristiani devoti, fossero pronti a distruggersi a vicenda in barba allo scandalo che tutto ci� inevitabilmente avrebbe rappresentato per i cosiddetti pagani" delle Indie e dell'Africa: "la religione e la scienza si trasformavano cos� in cannoni spirituali. di quarantadue centimetri" (7). 

Ma non solo la teologia and� in rovina con la grande guerra, infatti anche i socialisti della II Internazionale si presentarono all'appuntamento con la storia in condizione di disorientamento ideale e di divisione interna. Le divisioni e le contrapposizioni ideologiche avevano indebolito, appunto, la capacit� di resistere alle suggestioni nazionalistiche ed imperialistiche. 

A Basilea nel 1912 la solidariet� internazionale dei. partiti socialisti era gi� seriamente incrinata, finch�, nel 1914 la socialdemocrazia tedesca votando a favore dei crediti di guerra decret� la fine del pacifismo socialista.. Insomma, il liberalismo e il socialismo, con cui i teologi avevano variamente identificato il Regno di Dio, subivano uno scacco decisivo. 

Dove era finita la voce interiore attraverso la quale l'uomo borghese entrava in contatto diretto con Dio, di fronte al dramma della guerra? Di cosa � stato capace quest'uomo pio, questo raro animale religioso di fronte alla crescente corsa agli armamenti che la sua stessa industrializzazione richiedeva? E il pastore schierato con il proletariato poteva ancora scorgere il Dio vivente nell'emergente movimento socialista? Si poteva ancora predicare, parlare di Dio di fronte ad una sconfitta cos� profonda del Cristianesimo ufficiale? A domande come queste cerc� di rispondere, nel primo dopoguerra, K. Barth. 

II. La Rivoluzione teologica di Barth: il Roemerbrief

1- Premessa: una "notizia buona"

Ad un immediato approccio l'opera di K.Barth pu� apparire come un semplice ma robusto ribadimento dell'Evangelo di Ges� Cristo. Effettivamente Barth per tutta la sua vita e in tutta la sua monumentale opera, non ha voluto far altro che esplicitare questo lieto annuncio, offrendogli il servizio della sua sicura ed efficace parola di uomo di fede. Anche le pi� originali proposte del teologo di Basilea (per es. la sua interpretazione dell'elezione divina) da lui stesso sono state presentate come un semplice corollario dell'Evangelo, non costruzioni erette sulla Parola, ma la Parola stessa che spiega se medesima nella predicazione della Chiesa. 

Lo sforzo di Barth in definitiva si presenta come una riscoperta dell'Oggetto della predicazione ecclesiale come una "notizia", una "novit�" imprevedibile, sconcertante, distruggitrice dei nostri luoghi comuni religiosi: la morte de nostro uomo vecchio; ma non basta, la notizia ci informa su qualcosa di "buono", � una "buona novella." per la quale l'uomo non pu� che esultare e gioire. In essa infatti, Dio si � rivelato come Colui che � fedele a se stesso, alla sua decisione d� essere il nostro Dio per tutta l'eternit�. Animato da questa "scoperta", il giovane parroco di Safenwil, paese di montagna con meno di 1500 abitanti, si fa protagonista di una svolta radicale nella teologia, contrapponendosi alle varie soluzioni del Cristianesimo liberale o socialista, il cui scacco era stato reso evidente dagli eventi drammatici della prima guerra mondiale. 

IL SIGNORE HA PARLATO! Questo � il punto di partenza di Barth, E dopo che Dio si � compiaciuto di parlare ogni teologia come discorso umano su Dio pu� essere solo un ripetere balbettando ed un imitare lettera per lettera la Parola di Dio. Il teologo non pu� ricavare la verit� di Dio dal mondo o dalla coscienza pia dell'uomo, ma pu� solo stare all'ascolto della Parola di Dio e spiegarla. 

Quando Barth cominci� a divulgare la nuova impostazione con conferenze e dibattiti, alcuni uditori affermavano di aver ascoltato qualcosa di "favolosamente nuovo" per loro, una "cosa incognita", insomma, "le cose che nessun occhio ha mai visto, e che orecchio non ha mai udito, e che non sono salite al cuore di nessun uomo" (1 COR. 2,9) nuovamente venivano proclamate, liberate da quella patina di abitudine di cui l'aveva coperte una certa Ortodossia, e dalle riduzioni di comodo con cui l'uomo dell'800 si era fatto un Vangelo a sua immagine e somiglianza. 

2- Il Roemerbrief del 1922

a- L'infinita differenza qualitativa. 

L'opera teologica pi� importante del '900, lo scritto che ha sancito la nascita della teologia contemporanea � indubbiamente il Roemerbrief (Commentario all'Epistola ai Romani) (1) del Barth. 

Con tale commentario teologico, la riscoperta della divinit� di Dio fu gettata nel mare stagnante della teologia liberale provocando un maremoto che tuttora determina il panorama della teologia evangelica e cattolica. Barth affronta il testo di Paolo con un'unica premessa: che "Dio � Dio" mentre l'uomo No! 

La teologia del '700 e dell'800 ha dimenticato proprio questo, e al posto centrale che spetta solo a Dio e alla sua Rivelazione ha intronizzato l'uomo e la sua fede, la sua piet�, la sua religione, la sua cultura, il suo spirito, il suo sentimento. Barth combatte per restituire a Dio la sua divinit� la sua identit� di Totalmente Altro, fra Lui e l'uomo fra l'Eternit� e il Tempo sussiste una "infinita differenza qualitativa": Dio � nel cielo, l'uomo � sulla terra, tra noi e Lui c'� un "crepaccio", una "zona polare". 

La separazione, la distanza, l'infinita differenza qualitativa sono l'unica relazione tra Dio e uomo (2). 

Rivelandosi Dio ci dice proprio questo, mette in chiaro la distanza infinita che c'� tra noi e Lui, tra la meschinit� degli dei falsi che soprattutto gli uomini pii si sono costruiti e la sua maest� di Signore Creatore e Redentore. Il Dio della teologia liberale impersonava quanto di vero, buono, bello c'era nel mondo, il Bene pi� alto che l'uomo riusciva a concepire, il Dio della Rivelazione, invece, � colui che "ha in mano il ventilabro e netter� interamente la sua aia" (Mt. 3,12), � la crisi, la fine, la morte del mondo vecchio. 

L'uomo con tutto ci� che �, che ha e di cui � capace, con il male ma anche con il bene che c'� in lui, con la sua ricchezza e con sua povert�, con la sua fede e con la sua miscredenza � sotto il giudizio di Dio, il quale "entra nel mondo come un muro di fuoco che toglie ogni vista". Egli � l'Iddio sconosciuto, che l'uomo non solo non adora e riconosce, ma neppure cerca. Leggiamo quanto dice Barth stesso nel seguente densissimo brano: "Quando parliamo di Dio nel senso della fede cristiana, colui che in essa � chiamato Dio non va affatto inteso come una prosecuzione, un ampliamento dei concetti e delle idee che di Dio suole farsi il pensiero religioso in generale. 

Dio secondo la fede cristiana, non � da allineare nella serie delle divinit�, Non lo si trova nel pantheon dell'umana piet� e della fantasia religiosa. Non � dunque vero che nell'umanit� esista qualcosa come una comune disposizione naturale, come un concetto universale del divino, che in qualche determinato punto dimostri di contenere in s� anche ci� a cui noi cristiani diamo il nome di Dio e in cui professiamo d'aver fede, quasi oh. la fede cristiana alti non sia se non una tra le tante , un caso speciale rientrante in una regola generale...

Quando noi cristiani parliamo di Dio", possiamo e dobbiamo renderci conto che questa parola fin da principio indica una dissimiglianza assoluta, una radicale liberazione da tutto quel mondo della ricerca, delle supposizioni, delle elucubrazioni, del poetare e dello speculare dell'uomo, Non � quindi il caso di dire che sulla lunga strada delle umane aspirazioni della ricerca del divino si sia raggiunta alfine una certa stazione rappresentata appunto dalla professione di fede cristiana. Il Dio del credo cristiano, a differenza di tutti gli dei, non � stato ritrovato, escogitato, non � un Dio scoperto finalmente per ultimo dall'uomo; non � il compimento, magari l'estremo, il pi� alto e migliore, di quanto l'uomo era, comunque, alla ricerca e gi� sul punto di trovare. 

Al contrario, � colui il quale in maniera assoluta prende il posto di tutto ci� che altrimenti si � soliti chiamare Dio, e quindi tutto elimina ed esclude, valendo il suo diritto ad essere la sola verit� e se non si capisce ci�, non si potr� intendere nemmeno che cosa la Chiesa cristiana voglia dire quando professa: io credo in Dio, Si tratta qui dell'incontro dell'uomo con quella realt� che l'uomo stesso non ha assolutamente mai, di propria iniziativa non dico trovata, ma neppure cercata...

Dio nel senso della professione di fede cristiana, � ed esiste in modo assai diverso da ci� che negli altri casi si chiama il divino. Cos� anche la sua natura, la sua essenza � diversa dalla natura e dall'essenza di tutte le false divinit�. Riassumiamo quanto abbiamo da dire nel senso della professione di fede cristiana con le parole: DIO NELL'ALTO DEI CIELI" (3).

b- Ges� Cristo

L'infinita differenza qualitativa fra Dio e uomo Barth la viene a conoscere nell'unica e irripetibile Rivelazione di Dio in Ges� Cristo. In Cristo il piano della realt� umana a noi nota � intersecato perpendicolarmente dall'alto, dal piano del tutto diverso e ignoto della realt� divina. "Ges� Cristo nostro Signore" � il punto di intersezione dove Dio si d� a vedere restando nel nascondimento, si d� a vedere cio� nella fede. Questa intersezione,in cui si annunzia la presenza del piano sconosciuto, non ha alcuna espansione sul piano a noi conosciuto. 

L'incontro tra mondo dello Spirito e mondo della carne non crea zone sacre, luoghi celesti nel mondo o nell'interiorit� dell'uomo (4). 

Il Ges� storico "nato dalla stirpe di Davide secondo la carne" in quanto e stato "costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito Santo mediante la resurrezione dei morti" (Rom. 1,3-4), cio� proprio in virt� di questa azione verticalmente compiuta da Dio su di lui, � la rivelazione del mondo del Padre del quale noi, all'interno dell'intuizione storica non sappiamo e non sapremo mai nulla. Proprio nella resurrezione di Ges� "il nuovo mondo dello Spirito Santo viene in contatto col vecchio mondo della carne. Ma esso lo tocca come la tangente tocca il cerchio, senza toccarlo, e appunto in quanto non lo tocca, lo tocca come sua limitazione, come mondo nuovo"(5). 

Toccando il mondo in Ges� Cristo, Dio pone fine al mondo vecchio della carne e crea un mondo nuovo. L'immagine della tangente che "tocca e non tocca" indica che l'uomo non pu� impadronirsi della salvezza e quindi di Dio: sappiamo sole che c'� un punto in cui il mondo nuovo si fa presente, il Crocifisso Risorto, e la fede lo afferma come reale, ma appunto la fede! non la storia o la ragione o i sensi, e la fede � "certezza di cose che si sperano e prova di cose che non si. vedono" (Ebr.11,1). Il farsi storia di Dio � la fine della storia, e gli anni 1-30 sono, paradossalmente, il tempo della rivelazione della fine del tempo. 

Guardando a Cristo, unico punto di intersezione, noi scopriamo il NO di Dio, il suo giudizio, la sua riprovazione, la sua ira verso il peccato e dunque la Passione, la Croce. Ma il NO! � un NO dialettico, � posto cio� insieme al SI', anzi dopo di esso, come l'ombra segue alla luce. Cos� se guardiamo in quel punto in modo pi� approfondito, scopriremo che il NO! dipendeva dal SI', che il verdetto del giudizio � stato di assoluzione immeritata, che il peccato � stato distrutto ma il peccatore � stato graziato, che il riprovato � stato eletto per l'eternit�, che alla Croce � seguita la Resurrezione: "Non possiamo pi� udire il NO sotto il quale siamo, se non come proveniente dal SI' divino, la voce dell'empiet� e dell'insubordinazione umana se non come sostenuta dalla voce pi� profonda della remissione divina, il grido della ostinazione umana altrimenti che dominato dalla tranquilla armonia del divino. "Nonostante!' Non pi� altrimenti? Certo se crediamo quello che � rivelato non possiamo pi� altrimenti.

In quanto crediamo, vediamo l'uomo soppresso da Dio, ma appunto per questo elevato presso Dio" (6). 

c- La fede

La fede, in questo contesto, non pu� rappresentare nessuna presa di posizione da parte dell'uomo, essa stessa anzi � sempre velata dalla inconoscibilit�, non � mai dunque un possedimento dell'uomo. Se ci� � vero, "la fede cristiana � il rispetto di fronte all'incognito divino � l'amore verso Dio consapevole della differenza qualitativa. che sussiste tra Dio e l'uomo", dl conseguenza con essa va in crisi irrimediabilmente ogni "titanismo idealistico", come ogni umanesimo pi� o meno sentimentale spesse volte identificato con l'essenza della Rivelazione cristiana. 

La fede non pu� dunque, per nessuna ragione, essere identificata, con una realt� umana, anche se la pi� elevata e la pi� spirituale come la morale o la cultura. Il contributo del cristiano alla cultura e alla morale non consiste in un'azione di conferma e di consolidamento, quanto piuttosto in un movimento di protesta e di continua verifica. La fede, insomma, non � una possibilit� umana accanto a tutte le altre possibilit� umane non � il gradino pi� alto e pi� sublime di ci� che l'uomo pu�, ovvero la sua massima realizzazione, ma � l'azione "il Dio che uccide l'uomo vecchio e dal nulla crea l'uomo nuovo. Dio agisce sempre senza alcun presupposto, la redenzione stessa � una "creatio ex nihilo" non l'esplicitazione di una virt� umana che l'uomo ha dimenticato e che Dio deve solo riattivare. 

La contestazione della fede non risparmia neppure l'agire politico dell'uomo. I progetti di conservazione dell'esistente, come quelli di rivoluzione per la realizzazione di un paradiso in terra, sono smascherati nella Rivelazione come tentativi compiuti dall'uomo per convincersi di essere il signore della propria vita, ovvero Dio stesso giudice del bene e del male. 

Su questi due progetti dunque, si scaglia con uguale forza l'ira di Dio, il suo terribile NO. Secondo Barth, infatti, la vera rivoluzione viene da Dio e non dall'atteggiamento di ribellione dell'uomo". Il credente, cio� l'uomo che Dio ha mandato in crisi, sa che il mondo � totalmente orfano, senza zone sante in cui rifugiarsi, egli, dunque vive nel mondo consapevole che il mondo � gi� finito. Il servizio che deve compiere � quello di gestire le cose mondane senza assolutizzazioni e feticizzazioni. Il credente sa che il mondo � stato vinto, conosce la relativit� di tutti gli eventi umani e non ne fa quindi degli idoli. Egli � il laico per eccellenza in quanto conosce l'inconsistenza di ogni beatificazione del mondo, e l'ipocrisia degli atteggiamenti "religiosi". 

Ma in quanto tale il credente � l'uomo veramente libero, anzi liberato, egli non "ci rimane male" di fronte alle rivoluzioni che diventano restaurazioni, perch� sa che l'unico rivoluzionario � Dio che la unica rivoluzione porta il nome di Ges� Cristo. 

d- La critica della religione

Il giudizio di Dio non risparmia nessuna possibilit� umana neppure la religione, anzi su questa esso si fa pi� evidente nella sua statura terribile e annientante. Barth non usa mezzi termini, per lui la fede cristiana � la sentenza di morte emessa da Dio su ogni religione e morale umana. La religione � l'ebbra eliminazione delle distanze tra Dio e uomo, � "la divinizzazione dell'uomo e l'umanizzazione di Dio". Essa � la rivolta schiavesca dell'uomo' che vuole essere come Dio e che, operando religiosamente, "confonde il tempo con l'eternit� e l'eternit� con il tempo". 

L'uomo religioso � "la specie pi� ostinata del genere umano", il "peccatore nel senso pi� evidente della parola". Tutto quanto va sotto il nome di religione � separato dalla fame, dal bisogno di riposo e dalla sessualit� solo per diversit� di grado. Dunque ogni realt� umana dagli esercizi spirituali in un convento di Benedettini, fino al circolo ideologico della casa del popolo socialista non � altro che il gradino di un'unica scala che non porta a Dio, ma so1o all'uomo, dal momento che non esiste nessuna via che conduce dall'uomo a Dio, ma soltanto una via per la quale Dio ha scelto di avvicinarsi all'uomo: Ges� Cristo crocifisso e risorto. 

La valutazione barthiana della religione esplode soprattutto nel commento ad alcuni passi del cap. VII della lettera paolina. Barth identifica in Eva la prima "personalit� religiosa" che colloquiando col serpente intorno a Dio, discutendo sul Suo comandamento, sulla Sua Parola, rompe l'immediatezza del rapporto uomo-Dio, la loro unit� originaria, proprio perch� si pone a distanza da Dio, studiando quello che ormai � diventato il "fenomeno" della divinit�. Da questo pio sforzo finalizzato alla conquista della conoscenza del bene e del male, al possesso della propria vita, ne viene invece all'uomo la percezione della propria "nudit�", cio� della propria debolezza, povert�, e in definitiva della morte. 

e- La Chiesa

La critica alla religione come culmine del peccato dell'uomo, coinvolge tutte le religioni, compresa quella che pretende di essere la "vera" religione: il Cristianesimo e, con esso, la Chiesa. Quest'ultima altro non � che il luogo dove al di qua del crepaccio che ci separa da Dio, la Rivelazione � ritenuta qualcosa di acquisito di comune, di evidente. La Chiesa � religione organizzata, organizzazione per il mantenimento degli interessi che l'uomo crede di avere di diritto nei confronti di Dio. In quanto tale la Chiesa si data da fare "pi� per l'assopimento che per il ravvivamento del problema di Dio". Essa dunque nella sua pi� profonda essenza � atea. 

L'Evangelo di Ges� Cristo � la soppressione della Chiesa, in quanto � lo smascheramento della sua pretesa. Ma colui che predica il Vangelo non sta "accanto" alla Chiesa in un atteggiamento di incomprensione ostile, non giudica, insomma la Chiesa in quanto sa che cos� facendo egli si porrebbe al posto di Dio avanzando una pretesa ancor pi� clericale e "religiosa". Colui che Dio "si � messo da parte" per la predicazione del Vangelo, non si crede fuori della possibilit� religioso-ecclesiastica, ma porta quest'ultima come croce, condividendo proprio l'impossibilit� e il fallimento. 

La Chiesa come "tugurio di Dio in mezzo agli uomini" � l'inevitabile forza storica, il condotto e la canalizzazione attraverso cui si manifesta l'agire stesso di Dio nei confronti degli uomini, anche se questo agire divino non si fa mai catturare in essa. Perci� il cristiano rimarr� nella Chiesa come uno che � consapevole dell'infinito contrasto esistente tra Vangelo e Chiesa, e insieme � cosciente della vittoria di Dio che ha fatto nuova ogni cosa, anche se ora tutto questo, in attesa della parusia del Signore, lo vediamo deformato "come in uno specchio". 

Nonostante la sua colpa, insomma, la Chiesa ha una speranza che nessuno le pu� togliere la Santit� di Dio che ha gi� parlato, ha gi� perdonato, ha gi� fatto nuova ogni cosa! Questo � saputo nella Chiesa, e solo per questo (non per se stessa) essa pu� intonare l'Exultet. 

Conclusioni

Abbiamo detto in apertura che il Roemerbrief ebbe l'effetto di un maremoto e, in conclusione, non possiamo che ripeterlo, aggiungendo che pure tutta l'opera successiva del Barth � stata ugualmente esplosiva nel sintetizzare tutto il messaggio cristiano nella formula programmatica "Solus Christus". Cristo � il primo e l'ultimo, l'alfa o l'omega, la fine del mondo vecchio e la nascita di quello nuovo. Egli � la nostra pace, ma � anche colui che viene a portare la spada, � la pace che � turbamento e il turbamento che � pace, e "Beato colui che non trover� motivo di scandalo in me" (Mt. 11,6). 

III. Barth: "Solus Christus"

1- Opposizione teologica al nazismo: La Confessione di Barmen 

L'opera di Barth negli anni successivi al '22 guadagn� un numero sempre crescente di aderenti nelle Chiese e facolt� teologiche del mondo protestante, come pure suscit� simpatia di una buona parte del mondo cattolico. Essa per� non avrebbe conseguito un effetto cos� sorprendente se non fosse venuta nel 1933 per la teologia e per tutta la Chiesa l'ora della sfida e la necessit� non pi� rinviabile di una esplicita confessione di fede nell'unico Signore. 

Il tema della teologia barthiana, quale era stato espresso in una prima formulazione nel Roemerbrief, divenne allora inaspettatamente attuale. Nel 1933, infatti, Hitler, da poco salito al potere, con l'aiuto di un movimento ecclesiale filonazista: i cristiano-tedeschi, proponeva la propria persona e 1a propria opera come una nuova rivelazione di Dio in Germania. In questa ottica la Chiesa era tollerata solo se "dimostrava di essere la Chiesa del popolo tedesco", aiutando quest'ultimo "a riconoscere e a compiere la missione che Dio gli ha affidato" e tale era anche lo scopo che il nuovo governo tedesco dichiarava di perseguire. 

Per i "cristiani tedeschi" la grandezza dello stato nazionalsocialista non era soltanto una questione di convinzione politica, ma anche oggetto di fede, di conseguenza essi esigevano una Chiesa che condividesse i loro punti di vista su tale questione. In avvenire, essi dicevano, l'Evangelo deve essere annunziato come "Evangelo del III Reich". 

La confessione di fede non veniva modificata, ma ampliata in direzione di una nuova definizione della Chiesa come "la Chiesa dei cristiano tedeschi, cio� dei cristiani di razza ariana". I pi� estremisti si spingevano a chiedere l'interdizione del culto a tutti i cristiani che non appartenevano alla razza ariana, e la "degiudaizzazione" del Vangelo e della Chiesa. Addirittura si chiedeva la soppressione dell'Antico testamento "con le sue storie di mercanti, di bestiame e di ruffiani", la revisione del nuovo, affinch� l'insegnamento di Ges� "corrisponda interamente alle esigenze del nazionalsocialismo". E ancora: "Ci ripugna prendere una cravatta da un ebreo, a maggior ragione avremmo vergogna di attingere da un ebreo le nostre convinzioni religiose vitali". Insomma si chiedeva "un Popolo, un Reich, una Fede", e soprattutto si esigeva che si smettesse di parlare di un Cristo umile e fiaccato, cominciando a presentarlo come una figura gloriosa simile agli dei nordici. 

Cosa doveva replicare la Chiesa di Ges� Cristo a queste terribili pretese? Ci� che era in ballo era la sua esistenza, e se non questa il suo senso. Essa doveva resistere, ma resistere da Chiesa additando non solo - i soprusi, le violenze, il totalitarismo, il razzismo, ma anche e soprattutto la bestemmia e l'eresia. In altre parole, l'opposizione da parte della Chiesa, senza trascurare le motivazioni propriamente politico-sociali ed umanitarie, doveva essere in primo luogo una "opposizione teologica" in cui si rivendicava la Signoria solo per Dio, contestando le false ed oppressive signorie umane. 

La Chiesa, dunque, in primo luogo, contesta e lotta confessando la sua fede nell'unico Signore: il Crocifisso umiliato dagli uomini e glorificato da Dio. In questo contesto Barth con la pubblicazione dei quaderni intitolati "Esistenza teologica oggi", incitava la Chiesa a diventare Chiesa confessante, cio� chiesa che di fronte alle pretese dirette o indirette dello stato vuole rimanere fedele alla propria essenza e affermare la propria esistenza. Essa deve mettere in chiaro che � chiamata ad annunciare l'Evangelo in tutti i regni della terra e quindi anche nel III Reich, ma non sotto di esso e nemmeno nel suo spirito. La confessione di fede della Chiesa deve avvenire secondo la Sacra Scrittura, mai secondo le affermazioni di una concezione politica o d'altro genere diffuse in una determinata epoca. 

La comunit� cristiana, dunque, � determinata non dal sangue, dalla razza, ma esclusivamente dallo Spirito Santo e dal battesimo. Se la chiesa evangelica tedesca in quella circostanza avesse escluso i cristiani di origine ebraica avrebbe cessato di essere una Chiesa cristiana. In queste argomentazioni � facile riconoscere il tema barthiano dell'unica rivelazione di Dio in Ges� Cristo. Una signoria diversa da quella di Cristo, un'autorit� diversa da quella della Sacra Scrittura sta a significare che l'Evangelo non � pi� libero e perci� non � pi� l'Evangelo, non c'� posto per un "et...et", ma solo per un "aut-aut". 

Nella situazione della Germania nazista la Chiesa sembrava non sapere pi� cos'� la libert� dell'Evangelo, perch� da tempo non sapeva pi� cosa significasse avere un Signore. L'impostazione teologica barthiana contestando proprio la pretesa di autodivinazione di Hitler, diventer� uno dei maggiori nemici del III Reich. La teologia di Barth, nella sua purezza di teologia della parola, acquistava una valenza politica inaspettata sintetizzata nella seguente espressione barthiana: "La verit� della frase "Dio � uno sar� dimostrata dallo sfasciamento del III Reich di Hitler". Ma questa valenza politica altro non era che un risultato della condanna barthiana dell'eresia dei cristiani hitleriani, il cui errore consisteva appunto, nel confessare accanto alla Sacra Scrittura, unica fonte di rivelazione, il popolo tedesco, la sua storia e il suo presente politico come seconda fonte di rivelazione. 

Alla confessione esplicita della verit� cristiana si arriv� nel 1934 al Sinodo di Barmen della Chiesa Confessante, con le famose sei tesi redatte dal Barth stesso. Confermando la sua fede, una parte della Chiesa evangelica tedesca si distingueva dalla maggioranza filonazista e riconosceva l'autorit� unica di Cristo sulla Chiesa respingendo l'autorit� ecclesiastica imposta dal III Reich, e rifiutando di confessare come Parola di Dio qualunque evento diverso da Ges� Cristo, Logos di Dio testimoniatoci dalla S. Scrittura. 

Il primo articolo della confessione ci mostra quanto fosse vicino lo spirito de Chiesa confessante a quello del progetto cristocentrico che Barth stava realizzando nella sua opera teologica: " 'Io sono la via, la verit� e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me' (Gv. 14,6). 'In verit�, in verit� vi dico: chi non entra nella stalla delle pecore per la porta, ma da qualche altra parte, quello � un ladro e un assassino.. Io sono la porta chi entra attraverso di me, sar� salvo' (Gv, 10, l-9). Ges� cristo cos� come ci viene attestato nella S. Scrittura, � l'unica parola di Dio. Ad essa dobbiamo prestare ascolto; in essa dobbiamo confidare e ad essa dobbiamo obbedire in vita e in morte. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la Chiesa, al fianco al d� l� di quest'unica paro1a, potrebbe e dovrebbe usare come base della propria predicazione anche altri eventi e forze, figure e verit�, riconoscendo loro il carattere di rivelazione di Dio." (2) 

Il momento storico non lasciava spazio ad incertezze: o Cristo o Hitler, il Cristianesimo o il germanesimo, la libera grazia di Dio o una nuova legge del sangue e della razza. 

2- La Grande Dogmatica Ecclesiale (3) 

a- Cristocentrismo 

Nell'atmosfera che sin qui abbiamo descritto Barth partorisce la monumentale Dogmatica ecclesiale. Incompiuta come la Summa di Tommaso d'Aquino, essa raggiunge quasi le diecimila pagine e costituisce un punto di riferimento per ogni riflessione teologica presente e futura. In quest'opera Barth radicalizza la sua esclusione di ogni teologia naturale e dell'interiorit�, negando alla religiosit� e alla filosofia il diritto di presentarsi come "preamboli" dell'Evangelo. Anche gli strumenti teorici desunti dalla filosofia esistenziale kierkegaardiana e dalla dialettica hegeliana, utilizzati nel Roemerbrief, sono abbandonati. Ora si vuole veramente parlare della parola solo con la Parola, di Dio, dell'uomo, del mondo solo in base alla rivelazione di Dio stesso. Ma la Parola di Dio � Ges� Cristo e sar� da Lui che la Chiesa dovr� imparare ogni cosa. L'intera teologia dovr� continuamente essere orientata in direzione cristologica. La persona e l'opera di Cristo, insomma, costituiscono l'unico criterio teologico. Non esiste dunque nessun tema teologico indipendente dalla cristologia: quest'ultima determina non solo la dottrina della salvezza, ma anche quelle della creazione, dell'uomo, dell'elezione, della Chiesa e degli ultimi avvenimenti. 

Partendo da queste premesse Barth pone all'inizio e alla fine di ogni sua considerazione Cristo. Tale universalismo cristologico implica il primato, nella teologia cristiana, del tema del libero amore di Dio e della grazia. Barth sottolinea cos� l'assoluta priorit� della grazia di Dio, essa ed essa sola, infatti, "d� la possibilit� di pensare cristianamente in ogni caso e rende possibile una conoscenza cristiana di Dio e dell'uomo". Ogni tema della rivelazione cristiana lungi dal costituire qualcosa di autonomo, andr� riletto nell'ottica dell'Evento Ges� Cristo in cui la libera grazia di Dio si � manifestata. La creazione, per esempio, non deve essere spiegata come avvenimento a s� stante, ma vuole essere osservata sin dall'inizio partendo dalla grazia di Dio in Ges� Cristo, il quale sin dall'eternit� � presso il Padre. Per Barth, allora, il mondo � creato e portato dal bambino nato a Betlemme, dall'uomo morto sul Golgota e risuscitato il terzo giorno"; tutta la creazione � cos� abbinata alla grazia, e tutta la storia � una via che sta sotto il segno dell'uomo Ges� Cristo. Barth in questo modo capovolge il tradizionale rapporto in cui venivano poste creazione e redenzione, natura e grazia. La redenzione per il teologo di Basilea � la prima cosa stabilita nel piano di Dio, la creazione � la seconda. Certo nel tempo della realt� creata l'atto del creare precede la redenzione, ma nel pensiero di Dio la creazione segue la redenzione come creazione dello spazio necessario alla storia dell'alleanza tra Dio e l'uomo. 

Cos� la grazia non � qualcosa che Dio ha pensato "dopo" la creazione, non � la reazione di Dio di fronte al peccato, essa piuttosto � l'espressione dell'eterno disegno di salvezza divino, � lo scopo della creazione stessa. Dio non crea il mondo e l'uomo per donare loro solo in seguito la salvezza, ma al contrario: poich� Dio prima di tutti i tempi, nella libert� del suo amore, ha deciso di far uso della grazia, solo per questo Egli crea, mantiene e regge l'uomo e il mondo. La creazione, la natura, la storia acquistano il loro valore e senso dalla rivelazione e dalla redenzione. Tutto dunque deve essere spiegato a partire dalla grazia e quindi da Cristo. Anche la verit� sull'uomo dovr� essere scoperta nel vero uomo Ges� Cristo. La riflessione cristiana sull'uomo non dovr� allora partire da un concetto generale dell'umanit�, dal fatto concreto "che nel mezzo degli uomini uno � l'uomo Ges�. Ci� significa che ogni uomo � in s� prossimo di Ges�. Sta dunque nell'essenza umana il fatto che l'uomo ha in Ges� il suo vicino, compagno e fratello. L'uomo pu� non saperlo, o sapendolo non credere e protestare, ma nonostante i suoi sforzi "non pu� liberarsi da questo vicino". In questa ottica l'ateismo non � una possibilit� umana, ma ci� che risulta veramente impossibile per l'uomo. Se l'uomo tenta di fuggire da Dio, Dio non si distacca da lui: dall'eternit� Egli ha preso una decisione irrevocabile, quella di legare la sua "sorte" alla nostra. 

b) L'elezione di grazia di Dio

"Perch� rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione, non in base alle opere, ma alla volont� di colui che chiama - le fu dichiarato: il maggiore sar� sottomesso al minore, come sta scritto: ho amato Giacobbe e ho odiato Esa�" (Rm. 9, 11-13) "Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole" (Rm. 9, 18). 

Questi bassi biblici ci richiamano alla mente la cosiddetta predestinazione, secondo la quale, al di l� del bene e del male, a Dio � piaciuto sin dall'eternit� destinare alcuni alla beatitudine eterna, altri all'eterna dannazione. A questa lettura fatta propria, in tempi diversi e con diverse sfumature, da uomini come Agostino e Calvino Barth pone la parola fine: difendere la libert� della volont� divina non deve significare un'accettazione di questa cattiva novella. 

La dottrina dell'elezione da mistero pauroso, in Barth diventa "l'Evangelo in nuce, la buona notizia stessa proclamata in modo radicale. Barth respinge la "simmetria architettonica" di elezione ed esclusione, per lui la predestinazione non � oscurit� e paura, ma luce e gioia, essa �"l'annuncio buono, ottimo assolutamente salvifico". Predestinazione nella grande Dogmatica equivale dunque a "elezione di grazia di Dio". Dio � libero, ma � libero per amare, perci� come ogni Sua azione, a partire dalla creazione, � espressione della sua grazia, cos� pure e in primo luogo, lo � l'elezione. L'espressione "elezione di grazia" vuol significare proprio che all'inizio di ogni azione divina nei confronti della sua creatura sta l'affermazione primitiva che Dio � "clemente e non inclemente". 

La totale revisione del dogma calvinista della doppia predestinazione muove proprio dalla concentrazione cristologica di cui prima si � parlato. Barth esordisce affermando che "all'inizio presso Dio vi era questo uno, Ges� Cristo, non potr� allora esistere sin dall'inizio una volont� di Dio diversa da quella di Ges� Cristo. La dottrina della predestinazione � tutta qui. Di conseguenza se vogliamo sapere cosa sia elezione cosa sia essere eletti da Dio dobbiamo rivolgerci senza esitazione e senza perdere altro tempo al nome di Ges� Cristo. Quest'ultimo � a un tempo soggetto e oggetto dell'elezione divina, in Lui c'� Dio che elegge e lo uomo eletto. In Cristo, insomma, Dio ha scelto se stesso in figura umana. In Ges� Cristo diventa visibile chi e che cosa � un escluso: avendo Dio preso su d� s� tutte le conseguenze dell'agire umano fino alla morte, Dio "ha riservato all'uomo l'elezione e a se stesso l'esclusione, la condanna a morte. Poich� Dio stesso ha voluto riservarsi l'esclusione essa ormai non riguarda pi� l'uomo. L'unico uomo veramente escluso � il vero figlio di Dio. Il NO! di Dio per volont� di Dio � ricaduto su Dio stesso. Fede nella predestinazione, dunque, � fede nella non esclusione dell'uomo. Questo, e non un altro, � l'Evangelo della libera grazia di Dio. Dopo che Ges� ha preso su di s� l'esclusione, gli uomini con tutti i loro sforzi non possono raggiungere mai la sorte dell'escluso, verso cui nella loro pazzia tendono le mani. Chi non crede alla grazia di Dio � con uno che non vuol riconoscere i fatti. L'accusa di "apocastasi" non fa retrocedere Barth, per lui la Chiesa non deve definire quantitativamente l'elezione di grazia, ma deve solo predicarla, essa non ha il diritto di porre una qualche limitazione all'amicizia dimostrata da Dio con l'invio di Ges� Cristo. 

La Chiesa pu� solo ringraziare con riconoscenza infinita e gioia senza fine colui che ha preso su di s� la riprovazione, perch� agli uomini fosse data l'elezione. 

Conclusioni 

Al termine di questa veloce riflessione sul pensiero teologico barthiano, possiamo affermare con sicurezza che � il SI! di Dio, la sua grazia insomma, il motivo del NO! di Barth al nazismo. Storicamente che questo NO! dipendesse da un SI! lo si � visto al fine del conflitto mondiale, quando Barth, a differenza di molti suoi connazionali, favorevoli prima ai collaborazionismo e poi ad una condanna senza perdono, sapr� dire: "Venite a me voi, spregevoli creature, voi cattivi ragazzi e ragazze di Hitler, voi brutali soldati delle SS, voi orrendi farabutti della Gestapo, voi tristi collaborazionisti, gente disposta a tutti i compromessi, voi gregari tutti che cos� a lungo avete, pazienti e stupidi seguito il vostro condottiero. 

Venite a me, voi colpevoli e conniventi, che ora potete e dovete vedere di che cose sono realmente degne le vostre gesta! Venite a me io vi conosco bene, ma non vi chiedo chi siete e che cosa avete fatto, io vedo soltanto che siete alla fine e, bene o male, dovete incominciare di nuovo. Io vi voglio ristorare, proprio con voi io voglio partire daccapo dal punto zero. Se questi Svizzeri gonfi de le loro idee democratiche, sociali e cristiane, che hanno sempre tenute alte, non sono interessati a voi, ebbene io lo sono. Io sono per voi Io sono vostro amico! (4) 



 

 
     
 

Materiali 

1. Don Milani oggi
2. Barth tra teologia e politica 
3. Testi barthiani

 
 
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