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"Le Chiese europee d'Occidente nel passaggio dai totalitarismi di destra alla democrazia: aspetti e problemi"


ANTOLOGIA DI TESTI BARTHIANI 
di Enrico Del Bianco

1. Der Roemerbrieff
2. Barth contro il nazismo
3. La Kirchliche Dogmatik



 



L'opera di Barth � immensa e qualunque scelta antologica risulta infinitamente riduttiva. I passi che abbiamo scelto ci sembrano particolarmente significativi teologicamente e politicamente e, inoltre, possiedono un carattere provocatorio che li rende particolarmente adatti a livello didattico. Per i testi del Roemerbrief e della Kirchliche Dogmatik riportiamo la traduzione presente in Dialogo su Dio, la teologia protestante nel XX secolo, a cura di H. Zahrnt, Queriniana. Per la Confessione di Barmen utilizziamo la traduzione contenuta in Tra la croce e la svastica. Il messaggio di una Chiesa confessante per il nostro tempo, ed. Claudiana. 

1. La Rivoluzione teologica del 1922: Der Roemerbrieff

Karl Barth considera che qualsiasi pretesa dell'uomo di entrare in rapporto con Dio per virt� propria, ossia al di fuori di Cristo � un atto di insubordinazione da parte dell'uomo che tenta di mettersi al posto di Dio: Noi crediamo di sapere quello che diciamo, quando diciamo "Dio". Noi gli assegniamo il posto pi� elevato del nostro mondo. Cio� lo poniamo, in fin dei conti, sopra una stessa linea con noi e con le cose. Noi pensiamo che egli ha "bisogno di qualcuno" e pensiamo di poter regolare la nostra relazione con lui, come regoliamo altre relazioni. Noi ci spingiamo importunamente nella sua vicinanza, e lo tiriamo inavvertitamente nella nostra vicinanza. Noi ci permettiamo di avvicinarci a lui in una relazione di dimestichezza. Noi ci permettiamo di calcolare con lui come se in questo non vi fosse nulla di straordinario. 'Noi osiamo darci importanza come suoi confidenti, fautori, agenti, fiduciari. Noi scambiamo l'eternit� col tempo. Questa � l'empiet� della nostra relazione con Dio. Ed essa � insubordinata. Noi stessi siamo segretamente i signori di questo rapporto. Non ci curiamo di Dio, ma dei nostri bisogni, secondo i quali Dio deve regolarsi. La nostra albagia pretende oltre a tutto il resto la conoscenza e l'accessibilit� di un sopra-mondo. 

La nostra azione reclama una motivazione pi� profonda, una lode e un premio oltremondano. La nostra sete di vivere � bramosa di momenti di spiritualit�, di prolungamenti nell'eternit�. Quando poniamo Dio sul trono dell'universo, intendiamo noi stessi. Quando "crediamo" in lui, noi giustifichiamo, letifichiamo, veneriamo noi stessi. La nostra piet� religiosa consiste in questo, che noi convalidiamo solennemente noi stessi e il mondo e ci risparmiamo devotamente la contraddizione. Essa consiste in questo, che noi, con tutti i segni dell'umilt� e del rapimento, ci ribelliamo contro Dio stesso. Noi scambiamo il tempo con l'eternit�. Questa � la nostra insubordinazione. E questa � la nostra relazione con Dio, all'infuori e senza di Cristo, al di qua della risurrezione, prima che siamo richiamati all'ordine: Dio stesso non � riconosciuto come Dio e quello che si chiama Dio � in realt� l'uomo stesso. Noi serviamo al non-Dio, in quanto viviamo la nostra stessa vita. 

Roemerbrief, 19 s. = L'Epistola ai Romani, 19 s. 

Karl Barth ritiene perfettamente legittima la domanda se vi sia un Dio e considera l'ateismo come una risposta perfettamente comprensibile. Egli prende sul serio la critica dell'ateismo contemporaneo e non la combatrte secondo la prassi apologetica: "Vi � un Dio? " Domanda veramente legittima! Concepire questo mondo nella sua unit� con Dio, � colpevole arroganza religiosa, se non � la conoscenza ultima di ci� che � vero al di l� della nascita e della morte, conoscenza che viene da Dio. 

La presunzione religiosa deve sparire, se deve subentrare ad essa la conoscenza che viene da Dio. Quando circolano monete false, anche le buone sono sospette. L'evangelo offre la possibilit� di questa conoscenza ultima. Ma perch� divenga realt�, essa deve mettere fuori corso tutte le concezioni penultime... 

Quel che l'uomo al di qua della risurrezione chiama Dio, � tipicamente non-Dio. L'Iddio che non salva la sua creazione, l'Iddio che lascia libero corso all'ingiustizia degli uomini, l'Iddio che non si presenta a noi come Dio, l'Iddio che non � altro che la suprema enfatica affermazione dell'esistenza del mondo e dell'uomo, cos� come �, � l'insopportabile, il non-Dio, nonostante i supremi attributi con cui, con suprema passione, lo adorniamo. Il grido del ribelle contro questo Dio si avvicina maggiormente alla verit� che le arti di coloro che vogliono giustificarlo. Soltanto in mancanza di meglio, in mancanza del coraggio della disperazione, l'esplicito ateismo viene generalmente evitato al di qua della risurrezione (...) Contro Zeus, il non-Dio (...) Prometeo si ribella a buon diritto. 

Roemerbr�ef, 13, 15 s., 23 = L'Epistola ai Romani, 13, 16, 23

Ges� Cristo: ecco l'unico nome del Dio che � Dio, in Lui il piano invisibile di Dio scende dall'alto e incide perpendicolarmente sul piano visibile del mondo ma senza dilatarsi e rendersi visibile in esso, bens� come una tangente che tocca una circonferenza, e cio� senza toccarla veramente: In questo nome si toccano e si dividono due mondi, si tagliano due piani, uno sconosciuto e uno conosciuto. Quello conosciuto � il mondo della "carne", creato da Dio ma decaduto dalla sua originaria unit� con Dio, e perci� bisognevole di salvezza; il mondo dell'uomo, del tempo e delle cose, il nostro mondo. Questo piano conosciuto viene tagliato da un altro sconosciuto, il mondo del Padre, il mondo della creazione originaria e della redenzione finale (...) 

Il punto della linea di intersezione, nel quale questa pu� essere veduta, ed � effettivamente veduta, � Ges�, Ges� di Nazareth, il Ges� "storico", "nato dalla schiatta di Davide secondo la carne". "Ges�", come indicazione storica, significa il luogo di rottura tra il mondo a noi conosciuto e un altro sconosciuto. Il tempo, le cose, gli uomini, in quel punto del mondo a noi conosciuto non hanno in s� alcuna preminenza sopra altri tempi, cose e uomini, ma se ne distinguono in quanto circoscrivono il punto che rende visibile la linea di intersezione nascosta fra tempo ed eternit�, cosa e origine, uomo e Dio. 

Gli anni 1-30 sono dunque il tempo della rivelazione e della scoperta. Sono il tempo in cui, come � dimostrato dall'accenno a Davide, la nuova, diversa determinazione divina di ogni tempo � veduta; e che, con questo stesso fatto, sopprime la propria particolarit� nei riguardi di altri tempi, aprendo la possibilit� che ogni tempo possa diventare tempo di rivelazione e di scoperta. Ma quel punto stesso della linea di intersezione, come tutto il piano sconosciuto, di cui annunzia la presenza, non ha alcuna estensione sui piano a noi conosciuto. I raggi che ne emanano, o pi� precisamente i singolari crateri, le cavit� con cui si annunzia all'interno della intuibilit� storica, non sono mai l'altro mondo che in Ges� viene a contatto col nostro mondo: neanche quando si chiamano: "la vita di Ges�". E nella misura in cui, in Ges�, questo nostro mondo viene toccato dall'altro mondo, esso cessa di essere intuibile storicamente, temporalmente, direttamente come una cosa�

Ges�, come il Cristo, il Messia, � la fine del tempo e pu� essere compreso soltanto come paradosso (Kierkegaard), come il vincitore (Blumhardt), come storia originaria (Overbeck). Ges� in quanto � il Cristo, � il piano a noi sconosciuto, che taglia perpendicolarmente, dall'alto, il piano a noi conosciuto. Ges�, in quanto � il Cristo all'interno dell'intuizione storica, pu� essere compreso soltanto come problema, soltanto come mito. Ges�, in quanto � il Cristo, porta con s� il mondo del Padre, di cui noi, all'interno dell'intuizione storica, non sappiamo nulla e non sapremo mai nulla. Ma la risurrezione dai morti � la svolta, l'atto con cui questo punto � "stabilito" dall'alto e veduto dal basso. La risurrezione � la rivelazione, la scoperta di Ges� come il Cristo, l'apparizione di Dio e il riconoscimento di Dio in lui (...) 

Nella risurrezione, il nuovo mondo dello Spirito Santo viene in contatto col vecchio mondo della carne. Ma esso lo tocca come la tangente tocca il cerchio, senza toccano, e appunto in quanto non lo tocca, 'lo tocca come la sua limitazione, come mondo nuovo (...) 

Nessun connubio, nessuna confusione tra Dio e l'uomo, nessuna ascesa dell'uomo nel divino e nessuna infusione di Dio nell'essenza umana, si compiono qui, ma quello che in Ges� Cristo tocca l'uomo, in quanto non lo tocca, � il Regno di Dio, creatore e redentore.

Roemerbrief, 5 s. = L'Epistola ai Romani, 5 s. 

Karl Barth descrive la fede cristiana non come superamento, ma come rispetto dell'infinita differenza qualitativa: La fede � questo: il rispetto dell'incognito divino, l'amore di Dio nella coscienza della differenza qualitativa tra Dio e l'uomo, Dio e il mondo, l'affermazione della risurrezione come rovesciamento del mondo, l'affermazione del "No" divino in Cristo, il fermarsi turbati davanti a Dio (...) 

E quando si viene alla fede, il calore del sentimento, la forza della convinzione, l'elevatezza dei principi e della morale sono sempre soltanto segni concomitanti dell'avvenimento vero e proprio, appartenenti all'al di qua, e perci� in s� privi di importanza (...) 

Appunto per questo la fede non � mai identica con la "piet�" religiosa, fosse anche la pi� pura e la pi� delicata. E se anche la piet� � in qualche misura un indizio della presenza della fede, lo � in quanto � la negazione di altre positivit� mondane e anzitutto di se stessa (...) 

L'esperienza religiosa, a qualunque grado di altezza si compia, non appena � qualche cosa di pi� che spazio vuoto, non appena intende essere contenuto, possesso e godimento di Dio, � la sfrontata e inetta usurpazione di ci� che pu� essere e diventare vero soltanto a partire dal Dio sconosciuto. Nella sua storicit�, materialit� e concretezza, essa � sempre un tradimento verso Dio. Essa � la nascita del non-dio, dell'idolo (...) 

Persino la fede, in quanto voglia essere in qualsiasi senso qualche cosa di pi� che spazio vuoto, � miscredenza... Il timore e l'umilt� davanti a Dio non vorranno mai essere altro che spazio vuoto, indigenza e speranza (...) 

La fede stessa, come tale � sempre velata nella inconoscibilit� (...) Quello che si rende percepibile, non � mai timor di Dio 

Roemerbrief, 14 s., 25, 32, 37, 41, 61 = L'Epistola ai Romani, 14 s., 25, 32

 Il vero volto (dialettico) della religione per Barth � il peccato: Con l'apparire della suprema illusione dello sforzo umano si scopre il carattere illusorio dei suoi sforzi meno elevati. Come uomo religioso, l'uomo si � posto di fronte a Dio e ora egli deve stare di fronte a Dio. Appunto nel ricordo della sua immediatezza a Dio, si storicizza la perdita di questa immediatezza. La malattia mortale si dichiara. La religione diventa il punto interrogativo dell'intero sistema della cultura umana. L'uomo, come uomo religioso sperimenta: che cosa? Evidentemente il fatto che egli � invisibilmente determinato dal peccato. La caduta dell'uomo da Dio, la lacerazione dell'unit� tra la sua origine e lui diventa un fatto concreto nella religione (...) 

La creatura, indipendentemente dalla sua opposizione al Creatore, non � peccaminosa, non � in contraddizione con Dio, non deve essere screditata come pura creaturalit�, come pura relativit�. Questa opposizione, e con essa la peccaminosit� della creatura, diventa acuta soltanto nella titanica possibilit� della religione (...)

 Questo � il significato della religione: nella realt� e nella inevitabilit� di questa suprema possibilit� umana, la potenza del peccato si rivela come la potenza che regna sul circolo in s� chiuso dell'umanit�; ma essa � limitata dalla libert� di Dio, di Dio stesso, di Dio solo. 

Roemerbrief, 222 s., 225 s., 232, 239 = L'Epistola ai Romani 221 s., 224 s., 230, 238

 L''uomo religioso, addirittura, � il peccatore per antonomasia: Appunto l'uomo che ha la legge, l'uomo desto, entusiasta, l'uomo che attende, che � rivolto verso Dio, l'uomo religioso � il peccatore nel significato pi� visibile del termine. Il peccato di Giuseppe si compie in coloro che s'interessano alla religione, non nella massa degli indifferenti, nei preti e nei loro amici, non nei pescecani e nei ruffiani, nella Chiesa, non al cinematografo, nella Facolt� di Teologia, non nell'ateismo dei medici, nei socialisti-religiosi e negli attivisti, non nei capitalisti e nei militaristi, in libri come questo, non nella letteratura amena dei figli del mondo. 

Roemerbrief, 152 = L'Epistola ai Romani, 152



2. Barth contro il nazismo: La Confessione di Barmen dagli atti del primo sinodo confessante di Barmen

[Vengono qui tradotti i primi due atti. Il primo contiene il testo della Dichiarazione teologica]. 

I. Il sinodo riconosce alla Dichiarazione teologica sulla situazione presente della Chiesa Evangelica Tedesca, inquadrata dall'esposizione del pastore Asmussen, il carattere di testimonianza cristiana biblico-riformata e la prende sotto la propria responsabilit�.

DICHIARAZIONE TEOLOGICA SULLA SITUAZIONE PRESENTE DELLA CHIESA EVANGELICA TEDESCA 

La Chiesa Evangelica Tedesca, in base alle parole iniziali della sua costituzione dell'il luglio 1933, � una Lega di chiese sorte dalla Riforma, aventi una confessione di fede ed esistenti l'una accanto all'altra sullo stesso piano. La premessa teologica che unisce insieme tali chiese � contenuta negli articoli 1 e 2,1 della costituzione della Chiesa Evangelica Tedesca, costituzione riconosciuta dal governo del Reich il 14 luglio 1933: Art. 1:11 fondamento intoccabile della Chiesa Evangelica Tedesca � l'Evangelo di Ges� Cristo, attestatoci nella Sacra Scrittura e riportato alla luce dalle confessioni di fede della Riforma. I poteri di cui la chiesa ha bisogno per svolgere la sua missione vengono precisati e circoscritti dall'Evangelo stesso. Art. 2,1: La Chiesa Evangelica Tedesca si articola in chiese (chiese regionali). Noi qui riuniti come Sinodo confessante della Chiesa Evangelica Tedesca, rappresentanti di chiese luterane, riformate ed unite, di liberi sinodi, convegni e gruppi ecclesiastici, dichiariamo di trovarci uniti insieme sul terreno della Chiesa Evangelica Tedesca intesa come Lega di chiese tedesche aventi una propria confessione di fede. 

Quel che ci tiene uniti � perci� la professione di fede nell'unico Signore della chiesa una, santa, universale ed apostolica. Pubblicamente, davanti a tutte le chiese evangeliche della Germania, dichiariamo che l'unit� di questa professione di fede, e quindi anche l'unit� della Chiesa Evangelica Tedesca, � messa seriamente in pericolo dal modo di agire e dagl'insegnamenti propri del partito ecclesiastico dominante dei Cristiani Tedeschi e del governo ecclesiastico da essi espresso. In questo primo anno di esistenza della Chiesa Evangelica Tedesca tale pericolo � apparso sempre pi� evidente. La premessa teologica su cui si fonda l'unit� della Chiesa Evangelica Tedesca � stata continuamente e fondamentalmente contrastata e resa inoperante, mediante ricorso a postulati di altro genere, tanto da del capo e portavoce dei Cristiani Tedeschi, o da parte dello stesso governo ecclesiastico. Se questi altri postulati diventano determinanti, allora - secondo tutte le confessioni di fede vigenti tra di noi - la chiesa cessa di esser chiesa? Se sono essi a valere, allora anche l'esistenza della Chiesa Evangelica Tedesca come lega di chiese confessanti diventa intimamente impossibile. 

Ci � dunque consentito ed imposto, come membri di chiese luterane, riformate ed unite, di esprimerci unitariamente ed in comunione gli uni con gli altri su questa materia. Appunto in quanto siamo e desideriamo restare fedeli alle nostre diverse confessioni di fede, non ci � consentito tacere. In questo tempo di difficolt� e disorientamento per tutti, crediamo che ci venga data una parola da spendere in nome di tutti. Ci rimettiamo a Dio per tutto ci� che tale parola potr� significare circa il rapporto reciproco delle chiese confessanti tra di loro in relazione alla loro confessionalit�. 

Di fronte agli errori dei Cristiani Tedeschi e dell'attuale dirigenza ecclesiastica del Reich, errori che devastano la chiesa e quindi provocano anche la disunione della Chiesa Evangelica Tedesca, ci riconosciamo nelle seguenti verit� evangeliche: 

I "Io sono la via, la verit� e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Giov. 14,6). "In verit�, in verit� vi dico: chi non entra nella stalla delle pecore per la porta, ma da qualche altra parte, quello � un ladro e un assassino. Io sono la porta: chi entra attraverso di me, sar� salvo" (Giov. 10,1.9). Ges� Cristo, cosi come ci viene attestato nella Sacra Scrittura, � l'unica parola di Dio. Ad essa dobbiamo prestare ascolto; in essa dobbiamo confidare e ad essa dobbiamo obbedire in vita ed in morte. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa, a fianco e al di l� di quest'unica parola, potrebbe e dovrebbe usare come base della propria predicazione anche altri eventi e forze, figure e verit�, riconoscendo loro il carattere di rivelazione di Dio. 

II "Ges� Cristo ci � stato fatto da Dio sapienza e giustizia e santificazione e redenzione" (I Cor. 1,30). Come Ges� Cristo rappresenta la grazia senza condizioni del perdono di tutti i nostri peccati, cos�, con uguale seriet�, egli � l'espressione della forte pretesa che Dio fa valere nei confronti di tutta la nostra vita. Per mezzo suo ci accade di sperimentare una felice liberazione dagli empi legami di questo mondo per un libero, riconoscente servizio alle sue creature. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui ci sarebbero settori della nostra esistenza nei quali non apparterremmo a Ges� Cristo ma ad altri signori; settori, in cui non ci sarebbero necessarie la sua giustificazione e la sua santificazione. 

III "Siate ai servizio della verit� nell'amore e in tal modo crescete sotto ogni aspetto verso quello � il capo, Cristo, a partire dal quale tutto il corpo � collegato insieme" (Efes. 4,15 e 16) La chiesa cristiana � la comunit� di fratelli in cui Ges� Cristo nella parola e nel sacramento mediante lo Spirito Santo agisce in modo presente come il Signore. 'Essa ha da testimoniare con la sua fede come con la sua obbedienza, con il suo messaggio come con il suo ordinamento, in mezzo al mondo del peccato come chiesa dei peccatori perdonati, che essa � soltanto sua propriet� e che vive e desidera vivere soltanto della sua consolazione e della sua direttiva, nell'attesa della sua manifestazione Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui chiesa potrebbe lasciar determinare la forma proprio messaggio e del proprio ordinamento d proprie preferenze o dal variare delle convinzioni ideologiche e politiche di volta in volta dominanti. 

IV. " Voi sapete che i principi delle nazioni le signoreggiano e che i grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non � cos� tra voi; anzi, chiunque vorr� esser grande fra voi, sar� il vostro servitore" (Matteo 20,25 e 26). I diversi ministeri nella chiesa non legittimano alcuna supremazia degli uni sugli altri, bens� sono alla base dell'esercizio del servizio affidato e comandato a tutta la comunit�. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa potrebbe darsi o permettere che le vengano dati dei capi di tipo particolare muniti di autorizzazione all'esercizio di un potere che esula dal servizio stesso della chiesa. 

V. " Temete Iddio, rendete onore al re" (I Pietro 1,17). La Scrittura ci dice che lo stato, per divina disposizione, nel mondo non ancora redento, nel quale anche la chiesa si trova, ha il compito - per quanto rientra nelle prospettive e nelle possibilit� umane e senza escludere la minaccia e l'uso della forza - di provvedere al diritto e alla pace. La chiesa, con gratitudine e timore verso Dio, riconosce il beneficio di questa disposizione divina. Essa fa appello al regno di Dio, al suo comandamento ed alla sua giustizia e perci� ricorda ai governanti ed ai governati le loro responsabilit�. Essa si affida ed obbedisce alla potenza della parola mediante la quale Dio regge ogni cosa. Respingiamo la falsa dottrina secondo cui lo stato, al di l� del suo compito particolare, dovrebbe e potrebbe diventare il solo e totale ordinamento della vita umana tanto da assolvere anche funzione cui � destinata la chiesa. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui chiesa, al di l� del suo compito particolare, dovrebbe e potrebbe attribuirsi caratteri, compiti dignit� propri dello stato, tanto da diventarne sa stessa uno degli organi. VI "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dell'et� presente" (Matteo 28,20). "La parola di Dio non � incatenata" (Il Tu 2,9). Il compito della chiesa, fondamento della s libert�, consiste nel rivolgere a tutto il popolo, luogo di Cristo e dunque a servizio della sua parola e della sua opera, per mezzo della predicazione e dei sacramenti, la notizia della libera grazia Dio. Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui chiesa, agendo con umana arroganza, potrebbe porre la parola e l'opera del Signore al servizio qualche desiderio, obbiettivo o piano, corrispondente alle sue autonome scelte. Il Sinodo confessante della Chiesa Evangelica Tedesca dichiara di ravvisare nel riconoscimento di queste verit� e nel rifiuto di questi errori indispensabile base teologica che permette alla Chiesa Evangelica Tedesca di essere una Lega delle chiese confessionalmente distinte. Esorta tutti coloro che possono aderire alla sua Dichiarazione a tenerne presenti le prospettive teologiche in occasione di loro decisioni concernenti la politica ecclesiastica. Prega tutti coloro per i quali la cosa ha rilevanza di ritornare all'unit� della fede, dell'amore e della speranza. Verbum Dei manet in aeternum II. Il Sinodo trasmette questa Dichiarazione ai raggruppamenti confessionali, perch� ne facciano oggetto di responsabile esposizione ed illustrazione sulla base delle rispettive confessioni di fede. 

(Traduz. di Sergio Rostagno) 


3. La Kirchliche Dogmatik: teologia come cristologia

In nome di Cristo, Karl Barth, tra tutti i teologi protestanti, � di nuovo il critico pi� severo della religione: La religione � incredulit�; la religione � una questione, anzi, diciamolo francamente, � la questione che interessa l'incredulo (...) 

Il credente non dir� mai che egli � passato dalla fede alla fede, ma che vi � pervenuto dall'incredulit� (...) 

Ma appunto la rivelazione, la fede nella rivelazione, smaschera la religione dell'uomo in quanto tale come un atto di resistenza contro di lei. La religione, considerata dal punto di vista della rivelazione, appare come un'iniziativa dell'uomo per anticiparsi a ci� che Dio fa e vuol fare nella sua rivelazione per mettere al posto dell'opera di Dio un artifizio umano, in altre parole, al posto della realt� di Dio come ci si presenta e ci appare nella rivelazione, mettere un'immagine di Dio fatta dall'uomo a proprio arbitrio e capriccio (...) 

Perci� la religione contraddice la rivelazione, � l'espressione concentrata dell'incredulit� umana, ossia dell'atteggiamento e del comportamento esattamente opposti alla fede. E' il tentativo impotente, ma anche caparbio, tracotante, ma anche misero, con cui l'uomo potrebbe e invece non pu� fare ci� che gli � possibile soltanto perch� e quando Dio lo fa per lui, e cio� conoscere la verit�, conoscere Dio. Kirchilche Dogmatik I/2, 327 Tutta la teologia viene concentrata nella rivelazione di Cristo. Quando la Scrittura parla di Dio non ci consente di lasciar vagare arbitrariamente i nostri sguardi e i nostri pensieri verso una qualsiasi altezza o profondit� per accertarvi la presenza di un essere dotato della pi� perfetta sovranit� e di molte altre perfezioni (...) 

Ma quando la sacra Scrittura parla di Dio essa .riconduce i nostri sguardi e i nostri pensieri verso un unico piano... Se guardiamo ancora pi� attentamente e chiediamo: chi o che cosa dobbiamo riconoscere come Dio in quell'unico punto verso il quale la Scrittura orienta i nostri sguardi e i nostri pensieri? (...) 

Dall'inizio alla fine essa ci conduce al nome di Ges� Cristo (...) 

Non c'� nessuna profondit� dell'essere o dell'azione di Dio maggiore di quella che si � rivelata in quell'evento e sotto quel nome. Infatti in quell'evento e sotto quel nome egli ha rivelato se stesso... 

I nostri occhi vedono Dio e i nostri pensieri aderiscono a Dio quando hanno per oggetto colui che porta quel nome, quando si dirigono verso Ges� Cristo. Kirchliche Dogmatik 11/2, 56 s. Dunque la teologia che non � cristologia non � affatto teologia: La legittimit� di qualsiasi affermazione sui rapporto tra Dio e l'uomo, tra Dio e il mondo pu� essere verificata domandandosi se sia possibile intenderla anche come interpretazione del rapporto e della comunione creati e mantenuti in Cristo, chiedendosi se possa sopportare di essere misurata sui metro delle conoscenze fondamentali che la chiesa possiede della persona e opera di Cristo, ovvero se ne rimanga estranea e lontana, dovendo prima esservi ricollegata come premessa o come aggiunta senza derivarne o esservi direttamente riconducibile. Non c'� rigorosamente nessuna tematica cristiana autonoma rispetto alla cristologia e la chiesa lo deve anche sostenere dinanzi al mondo: non c'� nessuna tematica di nessuna specie che sia autonoma rispetto alla cristologia. Ad ogni modo ci si pu� richiamare a Dio e alla sua libert� per affermare il contrario. Richiamandosi a Dio e alla sua libert� non si potr� in fin dei conti far altro che sviluppare e commerciare quest'unico tema. 

Kichlicbe Dogmatik II/1, 360

Anche il dogma calvinissta della doppia predestinazione viene completamente rivisitato in un'ottica cristologica L'elezione di grazia � l'eterno inizio di tutto ci� che Dio compie ed opera in Ges� Cristo, nel quale Dio, per sua libera grazia, si destina all'uomo peccatore e destina quest'ultimo a s�, assumendo quindi su di s� la condanna dell'uomo con tutte le sue conseguenze e predestinando l'uomo a partecipare alla sua propria gloria (...) 

Dio vuol perdere, per guadagnare l'uomo. Salvezza sicura per l'uomo, sicuro pericolo per Dio! Se � giusto che nella dottrina della predestinazione si sia sempre parlato di predestinazione doppia, all'elezione e alla condanna, di predeterminazione alla salvezza e alla perdizione, alla vita e alla morte, possiamo ben dire che nell'elezione di Ges� Cristo, nella quale si manifesta la volont� di Dio, Dio stesso ha riservato all'uomo il primo elemento, l'elezione, la salvezza e la vita ed ha invece riservato a se stesso l'altro elemento, la condanna, la dannazione e la morte. Se il buon volere di Dio, che � il principio di tutto ci� che egli fa, implica anche il pericolo, anche la minaccia di una negazione, in tal caso, siccome il figlio di Dio divenuto figlio dell'uomo rappresenta ed � egli stesso quel divino buon volere, il pericolo e la minaccia di cui parliamo sono appunto la parte che il figlio di Dio e quindi Dio stesso ha preso su di s� (...) 

Perci� la predestinazione, se anche in essa si esprime un "no", non � mai un "no" che riguardi l'uomo. In quanto implichi anche esclusione e condanna, essa non � l'esclusione e la condanna dell'uomo. Nella misura in cui � orientata anche alla dannazione e alla morte, essa non ha di mira la dannazione e la morte dell'uomo (...)

Perci� la fede nella predestinazione di Dio significa in s� e per s� fede nella non-condanna dell'uomo e non-fede nella sua condanna. 

Kirchliche Dogmatik II/2, 101, 177, 181 s.

La rivelazione biblica di Dio in Cristo comporta la morte degli d�i; essa smaschera tutti gli altri d�i, dall'antichit� fino a Adolf Hitler, mostrando che sono idoli, e non consente nessuna tolleranza nei loro riguardi. Con questo l'impresa teologica barthiana rivela la sua esplosiva politicit� La conoscenza di Dio in senso neotestamentario, ossia la conoscenza del Dio trino ed uno rappresentava, in contrasto con tutta la religiosit� dei primi secoli, e rappresenta ancor oggi, il pi� radicale crepuscolo degli dei: precisamente quella sdivinizzazione del "mondo meraviglioso" di cui Schiller si lamentava in modo cos� toccante. L'accusa di ateismo che il mondo circostante rivolgeva al primitivo cristianesimo non era affatto campata in aria e gli apologeti sarebbero stati pi� avveduti se avessero esibito meno zelo nel controbatterla. Non senza fondato motivo qualsiasi predicazione genuina della fede cristiana viene recepita ancor oggi come un turbamento, anzi una distruzione dell'impulso, della vita, della ricchezza e della pace religiose. Ma non pu� essere altrimenti: l'Olimpo e il Walhalla si spopolano quando il messaggio dell'unico Dio � proclamato e creduto. Allora i personaggi di qualsiasi mondo religioso diventano necessariamente profani, si volatizzano a vista d'occhio, devono campar la vita riducendosi a mere idee, a simboli, fantasmi e persino a personaggi comici, per cadere infine nell'oblio anche sotto questa veste. 

Non c'� frase pi� pericolosa e rivoluzionaria di questa: v'� un solo Dio, e non v'� chi gli somigli! Tutte le cose che durano nel mondo, ma anche tutti i cambiamenti, vivono di ideologie e mitologie, di religioni mascherate o palesi e quindi anche di ogni sorta di presunte e pretese cose divine e divinit�. Cozzando contro la verit� contenuta nella frase secondo cui Dio � uno, il terzo Reich di Adolfo Hitler andr� in rovina...

Kirchliche Dogmatik II/1, 499 s.



 

 
     
 

Materiali 

1. Don Milani oggi
2. Barth tra teologia e politica 
3. Testi barthiani

 
 
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