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Materiali secondo anno
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Intervista a Aladina Pistolesi nei Ciampalini

di Francesca Donati


Parla della tua vita prima e all'inizio della guerra. Frequentavi la scuola? 

S�, ma solo fino ai nove anni di et� perch� mio padre mor� di infarto, lasciando tre figli e una moglie, dopodich� ho dovuto smettere di studiare. In seguito a questo evento dovetti far fronte, insieme alla mia famiglia (composta da mia madre, mia sorella, mio fratello e me), alle spese di sostentamento per una vita dignitosa. All'et� di dieci anni impagliavo la paglia per rivestire i fiaschi per una fabbrica di bottiglie. Dopodich� andai presso una sarta per imparare a cucire. Con l'inizio della guerra (avevo 22 anni c.a.), quando cominciarono a bombardare anche i piccoli paesini come il mio, fui costretta ad abbandonare la mia abitazione e io e la mia famiglia ci trasferimmo in campagna, presso un contadino, Luigi, che ospit� noi e altre persone nella sua piccola casa, mentre lui e la sua famiglia stavano nel rifugio l� sotto. Stavamo in una stanza. Questo avvenne perch� in quel periodo, soprattutto le citt�, ma anche i piccoli paesi, venivano continuamente bombardate e la campagna era il luogo "meno pericoloso" di quel tempo. Sotto la casa di Luigi c'era un rifugio; ogni contadino di quella zona ne aveva uno sotto la propria abitazione e ci abit� con la famiglia fino alla fine della guerra. Tuttavia noi vivevamo di sopra, in casa, il rifugio era troppo piccolo per tutti ed era anche troppo che ci offrissero una stanza. 


Quanto tempo ci sei rimasta? 

Circa un anno e mezzo, non di pi�. 


Cosa mangiavate quotidianamente? 

In confronto a molte altre persone mangiavamo bene, e, se ben ricordo, io non ho mai sofferto la fame. Intorno a noi c'erano molti contadini e allevatori, e tra noi c'era un po' di collaborazione. Era molto difficile che offrissero tutti i giorni un pollo o qualcos'altro (il cibo era appena sufficiente per le loro famiglie), ma in momenti di emergenza mi hanno sempre aiutata. Si mangiava quel che capitava, c'era lo stretto necessario e bisognava adeguarci, ad esempio durante l'estate mangiavo moltissima frutta, poi avevo qualche gallina per le uova, ma d'inverno era tutto pi� difficile; facevo qualche scambio con gli altri contadini; mi rendevo utile, rammendavo i panni e mi davano un po' di verdura e farina. Comunque in genere passavo tutta la giornata, mattina e pomeriggio, a cercare degli alberi da frutta, rubavo le pesche o gli ortaggi dai campi che vedevo. Camminavo molto. 


Cosa ne pensavi della guerra? 

Io ero una ragazza, e dato che mi ero trasferita in campagna non avevo un'idea chiara di cosa stesse succedendo. 


In che modo si diffondevano le informazioni? 

Non avevano n� la radio, n� la televisione nella casa di Luigi (il contadino), perci� eravamo un po' "fuori dal mondo". Non capivo la guerra, non eravamo informati, e, sinceramente, non ci pensavamo affatto come adesso perch� "tiravamo a campare"; vivevamo giorno per giorno, sempre con la paura addosso che potesse succederci qualcosa di improvviso. Inoltre non ci informava nessuno, dato che da noi era raro trovare qualcuno di passaggio. Nel primo anno (da quando mi trasferii in campagna), io e Marianna (19enne, la mia migliore amica che viveva con noi dal contadino Luigi), per 2-3 volte a settimana ritornavamo in paese a vedere come era la situazione: non c'era quasi nessuno, erano tutti scappati nelle campagne e molti ragazzi della mia et� (e anche pi� giovani) prestavano il servizio militare. Un giorno, verso l'agosto del 1941, io e Marianna, mentre stavamo andando in giro a cogliere le pesche, una bomba cadde vicino a noi e colp� un contadino uccidendolo e la mia cara e giovane amica caric� il cadavere su un carro insieme a un altro contadino che lo conosceva. 


Come passavate il tempo?

Io e Marianna provvedevamo molto a cercare il cibo, giorno dopo giorno; inoltre dovevamo assistere anche a due donne incinta, Carlotta e Aladina; eravamo noi che cucinavamo tutti i giorni, e quando non lo facevamo contribuivamo a tenere pulita e ordinata la casa che ci ospitava. 


Quali giochi facevate? 

Giocavo molto raramente comunque mi piaceva cucirmi bambole di pezza, cucivo gli occhi, il naso, la bocca rossa con avanzi di stoffa e le gambe erano di canna. Comunque, anche se rispetto a molti altri io sia stata pi� fortunata, non avevo molto tempo per me stessa. 


Ti nascondevi durante i bombardamenti? Dove? 

Durante il giorno io e Marianna non eravamo mai in casa, eravamo sempre fuori (come ho detto prima), nei campi a cercare qualcosa da mangiare per tutti, eravamo sempre lontane da casa, cos�, a volte succedeva che ci fossero dei bombardamenti improvvisi dagli aerei anche in campagna, e in questi casi non avevamo rifugi vicini a noi; non c'era tempo per nasconderci. I campi erano lunghe distese con pochi alberi; era inutile correre, per andare dove? Ci abbassavamo per istinto, ma non serviva a niente; in questi casi non ci rimaneva altro che pregare e sperare di essere abbastanza lontane dal bersaglio; era in questi momenti che ci rendevamo perfettamente conto di quanto fosse importante la vita, e ci attaccavamo a essa perch� eravamo consapevoli di poterla perdere da un momento all'altro. Avevamo molta paura, tant'� che il giorno dopo non volevamo pi� uscire ma io e le mie amiche dovevamo provvedere ai pasti e assumerci questa responsabilit�, anche a rischio della nostra stessa vita, ma fortunatamente nessuna bomba ci � mai caduta troppo vicina. 


Non c'era nessun altro che potesse prendere il vostro posto? 

No, eravamo quasi tutte donne, a parte Luigi, che lavorava tutto il giorno: tagliava la legna per l'inverno, spesso veniva con noi e ci sentivamo pi� sicure; sua moglie aveva 2 bambini piccoli, uno di nove anni e uno di cinque, e doveva badarli. Comunque, tutto sommato, a parte pochi episodi di bombardamenti vicini, non rischiavamo di pi� di chi rimaneva a casa. 


Avevate contatti diretti con soldati? 

No. A volte alcuni tedeschi del commando in una villa ci chiedevano le uova in cambio dello zucchero (che da noi scarseggiava tantissimo). Noi no prendevamo parti politiche, bastava arrivare al giorno dopo, quindi ci importava molto avere dei rapporti pacifici con alcuni soldati tedeschi, io la consideravo una fortuna, anche perch� l� eravamo quasi tutte donne e sarebbe stato estremamente sconveniente esporci inutilmente ai pericoli. Noi li rispettavamo e loro ci rispettavano. 


Come venivano accolti i militari quando tornavano dal servizio militare?

Bene, molti venivano festeggiati. Ad esempio torn� un giovane, Stellato Spalletti (forse � un soprannome), di venti anni, al ritorno da una licenza fu festeggiato dall'intero paese; dopo poco tempo fu richiamato in servizio e mor� in guerra. Tuttora nella piazza del paese c'� un monumento in suo onore dove viene ricordato come un giovane eroe. 


Avevate animali? 

S�, avevamo due o tre galline per le uova, per la carne andavamo a una fattoria nei dintorni. I contadini avevano piccoli allevamenti di conigli e di polli, ma li tenevano per s� perch� erano pochi; a noi li vendevano raramente perch� scarseggiavano. Avevamo un gattino tigrato, era un po' di tutti e quando capitava mangiava qualche avanzo. Era utilissimo per acchiappare i topi ed era autosufficiente. 


Curavate la vostra immagine fisica? 

No, anche perch� non ve ne era n� bisogno, n� tempo. Nessuno aveva occasioni di uscire a fare una passeggiata. 


E' migliorata velocemente la vita nel dopoguerra?

S�, certamente. Quando stava finendo la guerra c'� voluto un po' prima di riprendersi, ma dopo la ripresa fu molto rapida; io ritornai a casa mia e ricominciai a lavorare come sarta e a guadagnare. 


Eravate schierati politicamente? 

No, affatto, io non me ne intendevo per niente anche perch� ero "confinata" in campagna dove non c'erano i mezzi di informazione per cui non avevo ben chiare le idee riguardo la politica. 


Ci sono degli episodi (anche raccontati) che ti hanno impressionato pi� di altri?

S�. Mio marito Cesare mi ha spesso raccontato le sue vicende; durante la guerra lui ha sofferto pi� di me. Prest� il servizio militare e un giorno, che era in licenza, torn� a casa sua e, senza saperlo, per pranzo mangi� il suo gatto a cui era affezionatissimo. Furono costretti a ucciderlo i suoi genitori perch� non avevano trovato di che sfamarsi. Torn� in servizio a Sardegna, e nel frattempo, bombardarono casa sua dove morirono la madre e la fidanzata. Ritorn� subito a casa per i funerali. Finita la guerra si ritrov� praticamente solo e senza niente, cos� decise insieme ad alcuni suoi amici di aprire una fabbrica per la lavorazione del cuoio, e da l� riusc� a incrementare i suoi profitti. In seguito le cose andarono meglio e ritorn� al paese dove era nato lavorando come padrone di un'industria conciaria. 


   
     
 

Materiali primo anno

1. Un Diario del 1943 da Rodi
2. Un articolo del Tirreno
3. Schema intervista
4. Riassunto intervista a Giuseppe Vezzoni
5. Intervista a U.A.
6. Intervista a L.B.
7. Intervista a due sorelle
8. Bibliografia

Materiali secondo anno
1. Lampi di guerra
2. Intervista sulla guerra
3. Testimonianza
4. Intervista a Emore Ascari
5. Intervista a Antonio Bazzichi e Franca Frati
6. Intervista a Cosetta Carducci
7. Intervista a Michele Della Tommasina
8. Intervista a M.L.
9. Intervista a Adele Masetti
10. Intervista a Alda Mencaraglia
11. Intervista a Pasquino Pasquini e Franca Dini
12. Intervista a Aladina Pistolesi
13. Intervista a Fulvio Quintavalle
14. Intervista a Anna Maria Tongiani
15. Tra storia e ricordo

 
 
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