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Val�ry Giscard d'Estaing



Romano Prodi



Parlamento Europeo



Gustav Stresemann



Altiero Spinelli



Harry Truman




Jean Monnet



Robert Schuman




John Fitzgerald Kennedy



Charles De Gaulle





 
     
 
 
 

 

 


 

Materiali secondo anno
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Liceo classico "G. Carducci" di Viareggio 
Aula magna 
20 maggio 2002 

Conferenza del prof. Giuseppe Mammarella sul tema Storia e problemi dell'integrazione europea per gli studenti delle classi del Liceo classico "Carducci", dell'Istituto tecnico industriale "Galilei" di Viareggio, del Liceo scientifico "Michelangelo" di Forte dei Marmi impegnate nella sperimentazione 


Trascrizione non corretta dal relatore 

I.
 
Dell'integrazione europea si � parlato molto in queste settimane, sia per criticarla, sia per lamentarne la carenza, la mancanza di Europa, l'insufficienza di tutto ci� che � stato costruito negli ultimi 50 anni; credo che ancora di pi� se ne parler� nei prossimi due o tre anni, perch� ci sono delle scadenze importanti. La prima scadenza sar� quella della Convenzione. Voi sapete che � stato creato questo grosso comitato di circa 100 membri, il cui presidente � Valery Giscard d'Estaing e in cui noi siamo rappresentati da Giuliano Amato come vicepresidente e che dovrebbe formulare le grandi linee della Costituzione europea. 

I lavori della Commissione dovrebbero essere pi� o meno ultimati a met� del prossimo anno. Il prossimo anno, il 2003, sar� poi importante anche perch� dovrebbe venire a maturazione quel progetto di esercito europeo a cui si sta lavorando ormai da due o tre anni.Altro appuntamento importante, l'anno successivo, � l'elezione del Parlamento europeo: l'ultima elezione � stata nel 1999 e adesso nel 2004 avremo il nuovo Parlamento. Quindi, una serie di appuntamenti importanti renderanno il dibattito sull'Europa abbastanza intenso e probabilmente non privo di sorprese. 

Dicevo anche che nei confronti dell'Europa si muovono critiche: verso la burocrazia, la mancanza di politiche precise, una certa confusione istituzionale; ma al tempo stesso si riconosce che ormai l'Europa che � stata costruita � senza alternativa; non si ritorna indietro, soprattutto per tutto ci� che riguarda la moneta unica. Abbiamo saputo proprio questa settimana che Le Pen, alla vigilia del secondo turno delle elezioni francesi, aveva annunciato che, se fosse stato eletto (ma sapeva che non lo sarebbe stato), avrebbe ritirato la Francia dall'Euro, il che naturalmente avrebbe creato un disastro, non solo agli altri membri, ma alla Francia stessa. 

Sono queste posizioni assolutamente demagogiche senza alcun fondamento. Quindi � appunto ora il momento giusto, proprio per questo dibattito che si preannuncia, per questa incertezza che si � manifestata anche in margine alle ultime consultazioni elettorali, di fare il punto sulla situazione. 

A che punto siamo? � necessario partire dalla storia dell'integrazione europea; di questa vorrei ora un poco parlarvi, anche per rinfrescarvi alcune nozioni importanti: come nasce e come si sviluppa questa idea di integrazione europea. Poi direi alcune cose su come essa funziona; o su come non funziona (perch� qualcuno dice che ci sono delle istituzioni che per� sono inadeguate, insufficienti): ci� che si lamenta � soprattutto una carenza di democrazia, una carenza di trasparenza. La gente, gli europei non si identificano con le proprie istituzioni e questo � molto grave. Come ultimo argomento vorrei parlare dei problemi che si prospettano i prossimi 2-3 anni. 

II. 
La storia: in tutti quanti i testi si comincia a parlare delle origini dell'unit� europea, risalendo addirittura a Carlo Magno, poi si arriva agli illuministi, e cos� via. Tutto questo � molto interessante per gli storici, per� non fa la storia dell'integrazione europea: fa la storia dell'utopia, delle idealit� che stanno dietro l'integrazione europea, che per� comincia a farsi storia quando comincia ad avere un programma e si esprime in un movimento. 

All'inizio questo movimento � un movimento di �lite, di persone aristocratiche. Mi riferisco in modo particolare a quel movimento fondato dal conte austriaco Richard Coudenhove-Kalergi, nel 1927-'28, che � un momento importante nella storia perch� allora ci furono tutta una serie di inizia-tive prese in senso europeistico da persone di buona volont� (mi riferisco ad esempio al cancelliere tedesco Gustav Stresemann). 

Ci fu un momento, nel 1927-'28, in cui sembr� che si fosse vicini alla realizzazione dell'Europa, soprattutto nel rapporto tra Germania e Francia, che � il cuore dell'integrazione europea, nel rapporto tra questi due paesi che sono stati in guerra per ben tre volte nel corso di meno di un secolo. Poi queste iniziative furono travolte dalla grande crisi del 1929. Oggi molti storici pensano che la crisi economica del '29 sia stata quella che ha posto le condizioni per la Seconda guerra mondiale. 

C'� chi dice che la Seconda guerra mondiale � una ripresa della Prima. Certo � che quelle iniziative vennero largamente dimenticate e che gli anni '30 furono segnati da una escalation verso la Seconda guerra mondiale: nel 1931 l'aggressione del Giappone alla Cina, nel 1935-'36 l'aggressione italiana all'Etiopia, dal 1936 le aggressioni di Hitler. Ma che fondamento c'� per l'idea che la crisi del '29 abbia partorito la Seconda guerra mondiale?. � uno dei principi della visione politica e filosofica americana che una delle condizioni della pace sia il libero commercio, la liberalizzazione dei mercati (ci� tra l'altro evoca tutta una serie di problemi anche attuali, come quelli connessi alla globalizzazione, che non � altro che la liberalizzazio-ne degli scambi commerciali, la creazione di un mercato mondiale). 

Ebbene, la crisi del '29 comporta invece la chiusura dei mercati: se guardiamo i dati, abbiamo un vero e proprio crollo degli scambi commerciali e ciascun paese cerca di risolvere i problemi della crisi economica (problemi drammatici, che molto spesso si esprimono attraverso una disoccupazione difficile da riassorbire) con le proprie risorse. � il periodo delle autarchie. Abbiamo il tentativo da parte del regime fascista di impostare un'economia che faccia conto soltanto sulle risorse nazionali. 

Negli anni '30 avviene la rottura di quelle collaborazioni internazionali, compresa l'idea dell'integrazione europea, che erano nate negli anni '20, nell'immediato dopoguerra. Basti pensare che conseguenza diretta di questa crisi economica del '29 � praticamente l'arrivo al potere del nazismo in Germania: la crisi induce gli americani a ritirare i capitali che avevano investito in Germania durante gli anni '20 (che erano la ragione principale dello sviluppo economico che c'era stato in Germania dal '23 in poi, una volta superata la grande inflazione degli anni immediatamente successivi alla fine della guerra) e la Germania si ritrova con 6-7 milioni di disoccupati, pari al 16-17% della forza lavoro. Il partito nazista che, durante tutti gli anni '20, era rimasto un partito marginale (alle ultime elezioni del '28 aveva raggiunto appena 800.000 voti) subito dopo la crisi economica, con le elezioni del '32 e del '33, passa a tre milioni e mezzo e facilmente viene chiamato dal maresciallo Hindenburg a formare il governo.

Incomincia l'escalation verso la guerra: il tipo di economia autarchica che Hitler creer� in Germania � un tipo di economia che comporta, che implica la guerra: � una preparazione alla guerra. Ecco quindi, invece, la necessit� di aprire nuove strade al commercio internazionale come condizione per la pace. Dopo la guerra mondiale, l'idea dell'integrazione europea viene ripresa. � ripresa anche prima: durante la Resistenza abbiamo testimonianze scritte di resistenti che scrivono su giornali clandestini, in cui viene riproposta l'idea di Europa. 

Altiero Spinelli, che � un uomo che ha legato la sua esistenza, la sua azione politica all'idea dell'integrazione europea, scrisse quel Manifesto di Ventotene, quando lui era, antifascista, isolato al confino. Non solo � un manifesto dell'integrazione europea, ma illustra una visione che lega l'integrazione europea ad una vera e propria rivoluzione economica e sociale. � un documento di grande interesse (naturalmente, largamente superato) in cui Spinelli, che era militante comunista (poi abbandon� il partito), manifestava quella sua visione rivoluzionaria, che importava in una idea di integrazione europea: non c'era solo, dunque, l'idea di una grande federazione tra gli Stati, ma anche attenzione alle lotte tra le classi, ai rapporti economici, ai temi della propriet�, del ruolo dello Stato. 

Arriviamo al dopoguerra ('45, '46, '47) e ci troviamo di fronte, questa volta, ad un movimento che non � pi� elitario, ma che certamente non � un movimento di massa: in quegli anni le masse erano attirate soprattutto dai grandi partiti, dalle grandi ideologie (quella comunista, quella socialista, quella cattolica) e rimaneva poco per la militanza in favore di questa idea dell'integrazione europea). Vi furono per� alcuni partiti, come quello socialista e quello cattolico, non solo in Italia, ma in tutti quanti i paesi d'Europa, che la fecero propria. I comunisti per il momento rimasero fuori, anzi furono ostili all'idea dell'integrazione europea (ne diventeranno sostenitori solo con il fenomeno dell'eurocomunismo, ma bisogna aspettare gli anni '70). 

Ecco che ci troviamo di fronte ad un nuovo scenario. Ma ci troviamo di fronte, a partire dal '47, anche alla Guerra Fredda, cio� al conflitto Est-Ovest, e l'obiettivo dell'integrazione europea diventa parte integrante della politica americana per la ricostruzione dell'Europa e per il contenimento del potere comunista. Questo � un dato molto importante. Se ci si ponesse il problema di quale � stato l'atteggiamento degli Stati Uniti nei confronto dell'integrazione europea dovremmo infatti distinguere tre fasi: una fase non solo di favore, ma di sostegno convinto, perch� l'Europa doveva essere ricostruita economicamente, come unico modo per vincere le lusinghe del comunismo; ed una delle condizioni fondamentali per sostenere la ricostruzione europea era l'integrazione. Ma l'integrazione era necessaria anche per far accettare agli altri paesi europei la ricostruzione della Germania. Gli americani si impegnano nella difesa dell'Europa (che � anche, sia ben chiaro, difesa della loro posizione egemonica) nell'ambito di una politica espansiva, che per� usa degli strumenti nuovi: lo strumento dell'integrazione economica, lo strumento del Fondo monetario internazionale. Quindi, � una visione molto sistematica, che � gi� quella di F. D. Roosevelt (che muore nel '45) e che viene portata avanti da altri presidenti di minore caratura, soprattutto Truman e Eisenhower, basata sulla ricostruzione economica dell'Europa, e avente come condizione la ricostruzione della Germania e il riarmo della Germania, il che significa la legittimazione internazionale della Germania: � un boccone amaro per gli europei, soprattutto per la Francia. 

La fase successiva del rapporto tra Europa e USA (anni '60-80) � quella in cui gli americani assumono una posizione di neutralit�; mentre l'ultima fase � una fase che si potrebbe dire di conflittuali-t�: gli americani non erano, per esempio, favorevoli all'euro, perch� all'euro � stata assegnata la funzione di rimpiazzare in certi casi il dollaro o comunque una funzione di concorrenza con il dollaro. 

Oggi il dollaro � l'unica moneta negli scambi internazionali e gi� oggi, e sempre pi� domani, sar� affiancato dall'euro: il che � un aiuto, perch� non credo che il dollaro possa continuare a sostenere il peso di essere l'unica moneta mondiale; certamente per� tutto questo ridimensiona la forza dell'economia americana, della finanza americana nel mondo. 

Ma ritorniamo al dopoguerra. La politica di integrazione europea diventa parte integrante della politica di costruzione di quel blocco occidentale che si esprime col Piano Marshall del 1947-'48, con l'Alleanza atlantica del 1949. Quindi, gi� alla fine degli anni '40, c'� la costruzione di questo blocco occidentale, di cui appunto l'integrazione europea fa parte. Ma l'integrazione europea � una idea europea e si esprime per la prima volta con la creazione di quella Comunit� Europea del Carbone e dell'Acciaio che viene creata nel 1950-'51 fra i sei paesi che ne sono i fondatori: la Germania e la Francia, che ne prendono l'iniziativa (in realt� l'unit� commerciale � un'iniziativa francese e porta il nome di Robert Schuman, ministro degli esteri francese). La CECA � il primo progetto interamente europeo. Dietro questa idea c'� Jean Monnet, questo incredibile personaggio, tecnocrate pi� che politico, che ha concepito grandi progetti europei, incaricato di riorganizzare nel dopoguerra tutta l'economia francese e di iniziarne un processo di modernizzazione (che poi porter� avanti De Gaulle negli anni '60). 

Ecco, per questo processo di modernizzazione che Monnet ha in mente, � necessario che l'integrazione si manifesti soprattutto sui due pilastri della produzione del carbone e dell'acciaio (per la produzione dell'acciaio ci voleva allora il carbone, non ancora il petrolio; solo negli anni successivi avverr� la rivoluzione che sostituir� questo a quello come fonte di energia primaria). 

Quando nasce la CECA, per sostenere questo sforzo di modernizzazione c'era bisogno di carbone, e le fonti di carbone le poteva fornire solo la Germania. Quindi, in fondo a questa prima idea, c'� un interesse economico molto solido da parte della Francia e un interesse politico da parte della Germania La Germania dice di s� a questo progetto perch� � un modo per essere legittimata, per rientra-re nella famiglia delle nazioni a distanza di cinque anni dalla fine della guerra. Il progetto si regge quindi su ragioni economiche e su ragioni politiche. 

Gli altri paesi che aderiscono, Italia e Belgio, Olanda, Lussemburgo (Benelux), sono paesi dove c'� un forte sentimento europeista e quindi desiderio di partecipazione a questo primo progetto di integrazione europea. Interessante � che in questo caso si crea per la prima volta un'autorit� sopranazionale; la CECA � un ente gestito non dai singoli governi, ma da un'entit� sopranazionale. Da parte dei francesi c'� naturalmente un altro obiettivo, cio� monitorizzare un eventuale riarmo tedesco (questa � la paura storica della Francia): mentre la Germania si risollevava dalla distruzione della guerra, i francesi vogliono cercare di seguire questo processo per limitarlo e per incanalarlo in una visione europea. Per cui questo rapporto tra Parigi e Bonn percorre tutta quanta la storia dell'integrazione europea. Non c'� dubbio che anche l'Italia abbia dato un suo contributo a questo processo di integrazione, anche se per la verit� il contributo � stato un po' sporadico, perch� non sempre i nostri governi hanno portato attenzione ai fatti di politica estera e di politica europea. 

Il percorso dell'integrazione europea � andato avanti soprattutto grazie a questo forte rapporto di collaborazione che si � instaurato tra la Francia e la Germania. E questa � la grande novit� del secondo dopoguerra. E questo � quello che fa sperare. La gente si muove per l'integrazione europea perch� le memorie della guerra sono ancora vive e c'� una spinta verso un processo che dovrebbe garantire la pace e la collaborazione. 

Secondo momento dell'integrazione europea � un fallimento: quello dell'esercito europeo, che nasce solo come trattato, ma che poi viene affondato tra 1950 e 1954. Nel '50 abbiamo la guerra di Corea; essa viene interpretata dagli americani come un tentativo di diversione dal teatro europeo, che rimane il teatro principale dove, secondo le previsioni, dovrebbe proiettarsi l'iniziativa sovietica. Allora � fondamentale per gli americani procedere al riarmo della Germania. Nel 1950, nella prima riunione della NATO a New York, nell'ottobre, sei mesi dopo l'inizio della guerra di Corea, gli americani propongono, anzi richiedono, il riarmo della Germania. Ma i francesi non lo possono accettare cos� com'� e allora il primo ministro francese propone di riarmare la Germania nel quadro europeo, nel quadro di un esercito integrato europeo, dove le divisioni tedesche vengano disperse, insieme ai contributi degli altri Paesi, dove non si preveda la ricostituzione dello Stato maggiore tedesco. Questa � l'idea fondamentale dell'esercito europeo. 

Ma il trattato che stabilisce l'esercito europeo e che viene stipulato nel '52 dai sei paesi, tra cui l'Italia � compresa, deve essere ratificato dai vari parlamenti. Belgio, Olanda e Lussemburgo ratificano abbastanza rapidamente; i francesi invece rifiutano di ratificare; per la verit� neanche l'Italia ratifica per il momento perch�, essendo aperta la questione di Trieste, voleva giocare la partecipazione all'esercito europeo in cambio della concessione alleata di Trieste (che poi avverr� nel 1954). Ma i francesi, non solo non ratificano il progetto di esercito europeo, ma lo bocciano nell'agosto del '54. Questa idea francese, dunque, che viene proposta da un governo francese, quattro anni dopo, nel '54, � bocciata dall'assemblea nazionale, dal parlamento francese, perch� la situazione � cambiata. C'erano situazioni di conflittualit� latente tra i francesi e gli americani. 

Nel '54, a Dien Bien Phu, i francesi furono battuti dai vietnamiti del generale Giap e proprio alla vigilia della sconfitta i francesi avevano richiesto l'intervento americano per liberare i loro 50 mila uomini accerchiati dal generale Giap, arrivando fino a chiedere l'uso della bomba atomica; gli americani si rifiutarono di intervenire e questo cre� tensione e contrasto che si rifletterono poi nell'Assemblea nazionale. Nel frattempo poi stava riemergendo il movimento gollista; quindi nel '54 la situazione cambia e l'idea dell'esercito europeo viene respinta. La Germania � comunque inserita nella NATO. 

Quindi il rifiuto dell'esercito europeo non � un no al riarmo tedesco,ma � un no agli USA. Dopo il fallimento del progetto dell'esercito europeo, abbiamo il lancio del mercato comune, che si realizzer� in due anni, dal '55, a partire dal convegno di Messina (voluto da Martino, ministro degli esteri italiano, padre dell'attuale ministro della difesa); questo primo incontro di Messina sar� seguito da un altro incontro a Venezia e poi dall'incontro conclusivo a Roma che vide la firma del trattato che istitu� il Mercato Comune. � un mercato dove gli scambi dei prodotti industriali (per l'agricoltura il discorso � diverso) deve avvenire liberamente, con l'abolizione di tutti gli ostacoli, sia delle dogane che dei dazi doganali che erano attivati dai vari paesi per impedire l'arrivo dei prodotti esteri sui mercati nazionali. 

Il mercato comune fa fare un grosso passo avanti alla collaborazione internazionale, a tal punto che in molti paesi, ad esempio nel caso dell'Italia, uno dei motivi del grande sviluppo economico dalla fine degli anni '50 agli inizi degli anni '60 � legato proprio a questo mercato comune. � una interpretazione accettabile questa, se pensiamo che la nostra � una economia di esportazione (noi avevamo la necessit� di esportare il 25% del nostro prodotto): quando troviamo mercati aperti le esportazioni diventano pi� facili. Quindi non c'� dubbio: l'introduzione del MEC a partire dal 1958 � un dato importante per la crescita delle varie economie nazionali dei Paesi che partecipano. 

E sono sempre i soliti sei, un gruppo che il presidente francese Charles De Gaulle non volle allargare. Ricordiamoci che de Gaulle arriva al potere dopo la crisi algerina nel '58 e rimane presidente francese, con una costituzione nuova di zecca, che � poi quella attuale, fino al 1968 quando poi si ritirer� dalla vita politica attiva. In questo periodo l'integrazione europea fa pochi passi avanti perch� De Gaulle accetta l'idea del mercato comune, ma a condizione che certi interessi francesi vengano salvaguardati. � ovvio che De Gaulle non � un federalista: egli ha una visione dell'Europa che � racchiusa in quella formula "l'Europa delle patrie", in cui ciascun Paese deve mantenere la propria identit� storica e culturale. Quindi l'idea di un'integrazione, sia sul piano della cultura che su quello delle istituzioni, � un'idea estranea a De Gaulle. Egli riconosce la necessit� di collaborazione sul piano economico e sul piano politico, ma pone una condizione perch� questa collaborazione avvenga, cio� una forma di protezione dell'agricoltura francese ed europea che ancora, oggi come oggi, assorbe quasi il 50% del bilancio dell'unione europea e per molti anni ha assorbito quasi l'80%. Naturalmente c'� un obiettivo sociale: proteggere il tenore di vita degli agricoltori europei che producono a costi molto pi� alti. Se si fossero aperte le porte dei mercati europei ai prodotti americani o ad altri prodotti che ci vengono dai paesi del Terzo mondo, probabilmente la nostra agricoltura sarebbe stata spazzata via. 

Questo sistema di protezione ha dunque un obiettivo economico, un obiettivo sociale per mantenere alti i livelli di vita nelle campagne, ma crea quelle distorsioni che noi oggi lamentiamo per ci� che riguarda i rapporti con il Terzo mondo. Perch� il Terzo mondo non riesce ad esportare sui nostri mercati perch� sono protetti. � una delle distorsioni della globalizzazione, di quel processi cio� di integrazione economica che hanno portato anche livelli di benessere, anche nei paesi del Terzo mondo, ma che hanno provocato anche drammatiche distorsioni nei paesi pi poveri. Il MEC ha dunque una grossa potenzialit� che riflette le sue conseguenze non solo in Europa ma anche fuori. De Gaulle se ne va alla fine degli anni '60 e allora negli anni '70 l'integrazione europea si apre a nuove partecipazioni. Alla partecipazione britannica, per prima, nel '73. 

Gli inglesi erano sempre rimasti ai margini dell'integrazione europea, e anche oggi non partecipano all'euro; anche se proprio in questi giorni abbiamo avuto una notizia favorevole: sembra che Tony Blair, per altro egli un fautore, ma anche l'opinione pubblica inglese ci stia ripensando, cosicch� le percentuali sfavorevoli all'ingresso inglese nell'euro stanno diminuendo dagli oltre due terzi che erano appena due mesi fa addirittura al 55% e si pensa al 2003 come l'anno in cui il governo inglese proporr� un referendum per l'ingresso dell'Inghilterra nell'euro, promessa gi� fatta da Blair quando entr� nel '98 a Downing Street). Il cambiamento di umori nasce proprio dal successo che sta avendo l'euro, non solo nelle operazioni di distribuzione, ma anche dalla sua valutazione (oggi 0.92 sul dollaro e molti operatori finanziari prevedono che alla fine di quest'anno sar� alla parit� sul dollaro). Ci� � molto importante anche perch� molti paesi terzi accettino l'euro come moneta di riserva; questa � la funzione oggi di molti dollari che sono congelati nelle banche centrali di vari paesi come moneta di riserva. 

Nel momento in cui anche l'euro venisse accettato come moneta di riserva sarebbe una legittimazione. Potremmo cominciare a pagare le nostre importazioni in euro, il discorso cambierebbe notevolmente. 

Quale � stata dunque la posizione inglese nei confronti dell'Europa? Nei confronti del mercato comune gli inglesi erano addirittura ostili. Prova ne sia che nel 1959 crearono la loro zona di libero scambio con i paesi scandinavi, che per� non funzion�. Con il solito pragmatismo britannico, gli inglesi presero atto di questo fallimento e nel 1961 chiesero l'ammissione al MEC. Quindi, da una posizione di boicottaggio, gli inglesi chiesero addirittura la partecipazione. Essa incontra per ben due volte (nel '63 e nel '67) il veto. Perch� De Gaulle vede negli inglesi il cavallo di Troia degli USA. 

Sono gli anni di Kennedy, dei tentativi americani di creare un nuovo ponte economico tra Europa e USA, sono gli anni in cui l'amministrazione Kennedy pensa ad un'integrazione atlantica tra economia americana ed europea. De Gaulle dice no perch� una volta che gli inglesi entrano nel Mercato Comune porterebbero con s� interessi americani, data anche infatti, negli anni '60, la presenza massiccia di investitori americani in Inghilterra. Quindi, questo no all'Inghilterra fu ancora un no agli Stati Uniti. Dopo che De Gaulle se ne fu andato, fu aperta per gli inglesi la strada per l'ammissione al mercato comune. 

Nel '73 entra l'Inghilterra ed entrano anche l'Irlanda e la Danimarca; poi sar� la volta della Grecia (1981), nel 1986 della Spagna e del Portogallo. Ecco i dodici; poi arriveranno gli scandinavi (finlandesi, svedesi, mentre l'adesione norvegese sar� revocata per esito di referendum) e gli austriaci. Intanto il Trattato di Maastricht avr� creato una Unione Europea, dando ad essa una base giuridica importante. Gli anni '70 sono anni soprattutto di allargamento dell'integrazione europea, con la partecipazione di nuovi membri, ma sono anche anni di grande crisi, per tutti. Nel 1973 ci fu quella crisi energetica che fece salire il costo del petrolio da tre dollari al barile addirittura a dodici dollari in tre-quattro mesi (coda della guerra del Kippur). Poi c'� una nuova crisi energetica nel '79. Quindi gli anni '70 sono anni di grande crisi economica e finanziaria. Alcuni paesi come l'Italia reagiscono a questa crisi finanziaria con una serie di svalutazioni della moneta (noi svalutiamo addirittura del 30-40 %) e il problema della omogeneit� fra le politiche finanziarie dei paesi dell'integrazione europea si pose proprio allora. 

Come � possibile avere un mercato comune se non si ha un qualche sistema di coordinamento tra i valori delle varie monete.? Si inizia cos� il cammino di una unione monetaria europea, per l'iniziativa dei tedeschi, nel '79 e poi si arriva all'idea di una moneta unica. 
Questo avverr� tra la met� degli anni '80 e l'inizio dei '90, che � un momento di grande importanza per la storia dell'integrazione europea, in cui il governo italiano avr� un ruolo importante, soprattutto in quella riunione che si svolge a Milano nel 1985, in cui il governo Craxi-Andreotti impone agli altri membri della Comunit� europea la rinegoziazione del trattato di Roma. 

Il MCE aveva creato in teoria una liberalizzazione dei mercati. In realt�, soprattutto negli anni 70, anni di crisi economica, i vari paesi avevano creato tutta una serie di limitazioni al mercato comune (per esempio, quella che richiedeva ai produttori di farmaci francesi il rispetto di standard per poter esportare in Italia) che rendevano difficili, attraverso richieste di carattere puramente burocratico, gli scambi. Per cui il mercato comune era destinato a disintegrarsi. Ecco l'idea del mercato unico che nasce proprio in questi anni e che, rispetto all'impostazione del mercato comune, viene imposta in quel convegno di Milano del giugno 1985 dal nostro governo. 

Qual � la differenza tra mercato comune e mercato unico? Il mercato comune non prendeva praticamente in considerazione l'esportazione di capitali e la libera circolazione del lavoro; il mercato unico � un vero e proprio mercato che abolisce ogni limitazione agli scambi, ma che inoltre introduce la libera circolazione di capitali, la libera circolazione delle tecnologie, la libera circolazione della mano d'opera. Tutto questo richieder� addirittura la armonizzazione delle legislazioni nazionali attraverso un lavoro di omogeneizzazione. 

Oggi abbiamo un mercato vero, dove gli scambi sono liberalizzati e dove si muovono non solo i prodotti ma anche i capitali, si scambiano le tecnologie, si scambia la forza lavoro, sia manuale che professionale. La moneta unica nasce in questo clima.Ma anche da un altro sviluppo che riguarda la storia dell'Europa: la riunificazione tedesca che avviene dopo il crollo del mondo comunista. La riunificazione tedesca ha un prezzo per la Germania, cio� proprio quello di abbandonare il marco.

Una famosa riunione di leaders europei, alla vigilia della riunificazione tedesca, vide gli alleati della Germania chiederle una prova di europeismo: l'abbandono del marco e l'accettazione della nuova moneta unica, che viene poi consacrata con il trattato di Maastricht. 


III. 

Questo � il processo storico di 50 anni, che � avvenuto in condizioni diverse, il che giustifica una certa asistematicit� nella costruzione europea. Si alternano al potere ben quattro o cinque generazioni di uomini politici. � un processo che riflette i punti di vista di classi politiche diverse che si sono succedute. Non procede dunque secondo un piano, ma secondo le contingenze del momento. Questo spiega anche la grande confusione istituzionale. 

C'� un Parlamento, che eleggiamo ogni cinque anni con voto popolare; ogni paese, tra l'altro, lo elegge con le proprie leggi elettorali, secondo il sistema proporzionale (che per� � applicato diversamente); il trattamento dei deputati europei � completamente diverso (i nostri prendono delle indennit� vergognose, gli inglesi si devono accontentare di un terzo, un quarto): � dunque un parlamento estremamente disomogeneo nella sua formazione, ma soprattutto � un Parlamento che non ha poteri; questo � il dato di fondo. 

Nella storia del Parlamento, la sua funzione � normalmente quella di fare le eleggi; il Parlamento europeo non ne fa. Qual � il processo decisionale che porta ad una legislazione europea? C'� la Commissione, composta di 20 membri (l'attuale Presidente � Romano Prodi). I grandi paesi (Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna) hanno due rappresentanti nella Commissione, gli altri ne hanno uno solo. C'� il consiglio dei Ministri che ha una composizione variabile. Perch� se le decisioni sono di carattere economico, si riuniscono i quindici ministri dell'economia dei Paesi membri, se si tratta di politica internazionale i ministri degli esteri, ma � comunque il Consiglio dei Ministri che decide. 

Quindi il processo di decisione � nelle mani degli stati nazionali perch� il consiglio � composto di ministri che rappresentano gli stati nazionali. L'organo supremo � quel Consiglio europeo che riunisce i capi di stato e i capi di governo e che si riunisce un paio di volte, all'inizio e alla fine di ogni semestre in cui la presidenza � affidata a turno tra i membri dell'unione.Il Parlamento rimane quindi sostanzialmente tagliato fuori da questo processo decisionale, eccetto alcune questioni in cui il parlamento partecipa alle decisioni. Il Parlamento ha altri due ruoli: quello di approvare la commissione (i membri della Commissione devono ricevere una specie di voto di fiducia da parte del parlamento); quello di approvare i bilanci. Per� i bilanci dell'Unione europea, a cui tutti i Paesi membri partecipano con l'1,25 del prodotto nazionale lordo (si parla di qualcosa come 110 miliardi di euro) per l'80% � gi� assegnato: il 40% � assegnato per trattato al sostegno dei prezzi agricoli e l'altro 30-35% fa parte di quegli aiuti strutturali che vengono distribuiti tra i paesi il cui reddito pro-capite � inferiore a quello medio (anche noi lo riceviamo in una certa misura, per� noi contribuiamo pi� di quanto non riceviamo indietro, mentre fino a qualche anno fa ricevevamo qualcosa di pi�; invece, paesi come la Spagna o come la Grecia ricevono dall'UE, attraverso questi fondi strutturali, molto di pi� di quanto contribuiscono. 

Paesi come la Spagna, il Portogallo, la Grecia, la stessa Irlanda (oggi uno dei paesi pi� ricchi dell'Unione) devono questo loro sviluppo a questi fondi strutturali. Il Parlamento pu� dunque operare solo sul 20% del bilancio: sostegni alla ricerca, spese di funzio-namento dell'UE (salari e stipendi della burocrazia europea, che sono abbastanza alti e che rappre-sentano per� solo il 5% del bilancio). 

Questa � la struttura e non funziona. Ad esempio, che la Presidenza dell'Unione sia affidata a turno a ciascuno dei 15 membri � assurdo, soprattutto in previsione del previsto ampliamento dell'UE. 


IV. 

E veniamo all'ultima parte del mio discorso. Quali sono le sfide future dell'UE? L'ampliamento ad Est. Noi abbiamo visto che l'allargamento dell'UE come numero dei partecipanti � stato abbastanza graduale nel corso degli anni: fino all'inizio degli anni '70 la CEE era soltanto dei sei paesi fondatori; poi si � allargata, ma gradualmente, e si allargata a comprendere paesi che avevano pi� o meno le stesse strutture economiche. 

Certo, il prodotto pro-capite della Spagna e della Grecia erano inferiori a quelli della Francia e della Germania, ma sostanzialmente le differenze erano colmabili e sono infatti in via di essere colmate, grazie a riforme strutturali. 

L'allargamento si propone ora invece per Paesi dell'Est europeo, cio� per paesi ex comunisti, il cui reddito pro-capite � una frazione (30, 40, 50%) di quello degli altri paesi. Quindi ci troviamo di fronte alla eventualit� di una UE estremamente disomogenea. Appuntamento importante dal 2004 � l'allargamento a ben 10 paesi (3 paesi Baltici, la Polonia, l'Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Slovenia, Cipro e Malta). Porteranno l'UE da 320-330 milioni a quasi mezzo miliardo di popolazione. � una sfida, perch� l'arrivo di questi 10 paesi rischia di far esplodere le strutture magre e inadeguate dell'integrazione europea. Se tutti quanti i Paesi dovessero avere lo stesso tipo di rappresentanza che hanno gi� i membri dell'UE dovremmo avere un Parlamento di pi� di 1000 persone, una Commissione ingestibile di 30-35 membri. 

Ma c' � un dato ancora pi� importante. Che quei sussidi all'agricoltura e quei fondi strutturali che oggi vengono distribuiti all'interno dei 15, verranno distribuiti all'interno dei 25. Ma la fetta pi� grossa dovr� andare necessariamente a questi paesi che sono pi� poveri. Infine, un terzo e pi� importante problema sar� quello della libera circolazione della mano d'opera; ci si trover� di fronte al rifiuto dell'immigrazione da parte soprattutto di certi paesi frontalieri, ad esempio l'Austria e la Germania, che si sentono in prima linea di fronte all'impatto delle masse che si presenteranno alle loro frontiere, forti del diritto di poter entrare. Pensate che in Polonia c'� una disoccupazione del 16% e quindi qualche centinaio di migliaia di polacchi probabilmente entrer� in Germania o si presenter� alla frontiera austriaca. Questo crea preoccupazione e reazioni. C'� per�, di confortante, la volont� e la coscienza da parte della classe dirigente europea che questa situazione va cambiata, che le riforme vanno fatte e che dovranno essere abbastanza drastiche. 

Si parla gi� di un Presidente d'Europa (come si pu� immaginare di far ruotare la presidenza tra 25 paesi? E come potrebbe un domani essere attribuita a Malta o a Cipro?). Non c'� molto tempo. Il lavoro maggiore dovr� essere svolto all'interno di quella Convenzione che, pi� ancora che delineare le grandi linee della costituzione europea, dovr� sostanzialmente mettere ordine nella situazione attuale: dare poteri chiari agli istituti europei che non li hanno e dividere anche e chiarire i poteri tra istituti europei e istituti nazionali. 

C'� una tendenza da parte dei poteri nazionali ad un recupero di una parte dei poteri che avevano ceduto; � una tendenza cui assisteremo, secondo il principio della sussidiariet� , per cui ogni organo deve fare le cose che gli sono congeniali e che pu� fare meglio. In questo senso si afferma una rinnovata presenza sul piano europeo dell'importanza anche degli organi regionali. 

Nel quadro che si presenta per i prossimi anni, saranno dunque di prioritaria importanza le riforme, che dovranno necessariamente precedere il nuovo allargamento. Un'altra questione che si verr� affermando �, come si diceva, quella della creazione di un esercito europeo, con l'interrogativo se esso sar� parte integrante della NATO o esercito autonomo. Gli americani lo vogliono come parte della NATO, anzi criticano gli europei i quali non avrebbero affatto bisogno di un esercito alternativo; basterebbe contribuire alla NATO in misura maggiore di quanto non si sia fatto fino ad oggi. Gli europei vogliono invece essere liberi, per quanto riguarda l'industria bellica, la logistica, la programmazione strategica.


 

   
     
 

Materiali primo anno

1. Le vicende nazionali 
2. Le vicende italiane
3. Responsabilit� della guerra
4. La guerra razziale
5. La resistenza italiana
6. La resistenza in Europa
7. Il dopoguerra in Europa
8. Osservazioni e conclusioni
9. European Partners

Materiali secondo anno
1. Scheda-campione
2. Temi evidenziati nei testi
3. Analisi del Manuale Histoire
4. Europa, Europe
5. Una prospettiva tedesca
6. Unit� europea e Spagna
7. Scheda dei contenuti
8. Antologia
9. Lezione di G. Mammarella
10. Tabelle comparative tra manuali

 
 
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